La rivalutazione insufficiente, l’inflazione che continua a mordere, il (finora) mancato innalzamento delle pensioni minime. A causa di questo pericoloso mix di elementi, i pensionati continuano a perdere potere d’acquisto in particolare sul carrello della spesa, che rincara con percentuali a doppia cifra. L’analisi dello Spi Cgil regionale parte dagli ultimi dati Inps sulle pensioni private (anno 2023) e li mette in relazione all’inflazione registrata nel 2022 in Veneto (+8,1% sul 2021) e a quella del 2023, che viaggia attorno al 5% (con punte superiori al 10% sui prodotti alimentari).
Ultime novità aumento pensioni 2023: L’inflazione erode il potere d’acquisto servono in media 115 euro in più al mese
L’inflazione morde. Lo studio del sindacato dei pensionati evidenzia il divario fra l’aumento delle pensioni legato principalmente alla rivalutazione e l’incremento dei prezzi che pure quest’anno morde i bilanci delle famiglie venete. Così – secondo le elaborazioni dello Spi Cgil sui dati Istat – nella nostra regione la spesa media mensile di un ultra65enne è passata dai 1.380 euro del 2021 ai 1.490 euro del 2022 con un aumento di 110 euro. Nel 2023, con una inflazione attorno al 5%, il conto per le famiglie è aumentato mediamente di altri 70 euro, attestandosi a circa 1.566 euro. Insomma, a partire da quest’anno gli “anziani” veneti stanno sborsando in media 180 euro in più al mese in confronto al 2021, quando i rincari si aggiravano attorno all’1%.
Le pensioni nel 2023. A questo punto il ragionamento si sposta sulle pensioni e sulla rivalutazione grazie agli ultimi dati Inps. Il valore medio delle pensioni private in Veneto (esclusi i centesimi) è passato dai 1.025 euro lordi mensili del 2022 ai 1.090 euro attuali, con una crescita assoluta di circa 65 euro e un aumento percentuale di poco superiore al 6%. Ovviamente fra uomini e donne le differenze di reddito sono evidenti. Ai maschi arrivano assegni previdenziali medi di circa 1.460 euro lordi (più 74 euro rispetto al 2022) mentre le donne si debbono “accontentare” della metà, 782 euro lordi mensili (più 55 euro in confronto all’anno passato).
Pensioni 2023, la Spi CGIl veneto chiede l’intervento del Governo, la rivalutazione non basta
Crollo del potere d’acquisto. Il risultato dell’indagine è evidente e testimonia come il potere d’acquisto degli anziani non risulti tutelato neppure dall’adeguamento delle pensioni all’inflazione. Come detto, la rivalutazione ha portato in dote ai pensionati veneti circa 65 euro mensili lordi in più al mese ma a partire da gennaio 2023 i pensionati ne stanno sborsando 180 euro in più rispetto a una identica spesa effettuata nel 2021 con un esborso medio di 1.566 euro. All’appello mancano dunque 115 euro al mese.
Pensioni povere. Guardando sempre ai nuovi dati Inps, si conferma una larga quota di pensioni sotto i mille euro lordi mensili che rappresentano il 58% del totale. In pratica, tre assegni previdenziali su cinque sono inferiori a quella cifra “simbolo”, sotto la quale arrivare a fine mese è un’impresa. Unica consolazione, il confronto con il 2022 quando la quota di pensioni under 1.000 euro era del 61,6%. Una crescita strettamente legata alla rivalutazione. Preoccupante, da questo punto di vista, il divario fra i pensionati di età compresa fra i 65 e i 79 anni, che possono contare su pensioni lorde medie mensili di 1.279,23 euro, e gli over 80 che hanno assegni previdenziali di 825,49 euro. Il dato dipende dal divario di genere, infatti la stragrande maggioranza dei pensionati over 80 è donna.
L’appello al Governo. «La nostra analisi – commenta Massimo Cestaro segretario dello Spi Cgil del Veneto – conferma le sensazioni di questi mesi. Le pensioni dei veneti non sono tutelate neppure dalla rivalutazione mentre l’inflazione continua a mordere soprattutto sul carrello della spesa. Purtroppo, constatiamo che molti nostri pensionati hanno dovuto ridurre molte spese, soprattutto quelle dedicate ai prodotti alimentari. Il meccanismo dell’adeguamento all’inflazione, seppur molto importante, appare insufficiente tanto più che il governo Meloni ha riconosciuto una rivalutazione al 100% solo alle pensioni inferiori ai 2.101,52 euro lordi mensili (quattro volte il minimo) riducendola drasticamente per gli assegni superiori.
Un torto che il nostro sindacato ha condannato fin da subito, evidenziando che molti dei pensionati penalizzati dal governo non sono nababbi, ma ex operai specializzati o ex insegnanti, che dopo una vita di sacrifici e di contributi ora portano a casa assegni netti di 1.600, 1.700 euro. Anche per loro l’inflazione è stata devastante ma evidentemente l’esecutivo Meloni non se n’è accorto. Per questo – prosegue Cestaro -, chiediamo di rivedere il sistema della rivalutazione e auspichiamo che il conguaglio previsto a partire da gennaio 2024 venga erogato in anticipo, come aveva fatto il governo Draghi nel 2022 assecondando le richieste dei sindacati. Torniamo a ribadire la necessità di allargare la platea dei beneficiari della 14esima mensilità e aumentare gli importi. Infine, monitoreremo anche la questione dell’innalzamento delle pensioni minime, che ora appare solo come uno spot elettorale senza costrutto».
L’aumento serve solo ai pensionati? ai lavoratori no? lavoratori che hanno i contratti fermi? quelli che hanno visto i loro stipendi diminuire costantemente da 30 anni? quelli possono arrangiarsi?
ALLORA NON VEDO L’ORA DI ANDARE IN PENSIONE (forse la CGIL mi difenderà meglio, proprio quella che difende i più numerosi e si dimentica dei più deboli, dei più indifesi, dei più giovani, degli emarginati, di quelli insomma che non fanno numero)
Buonasera! Io penso che il Governo Italiano debba aumentare ulteriormente gli importi delle pensioni e favorire il tournover generazionale per rilanciare, in tal modo, l’occupazione.
Gentile sig.ra Teodora Moira, lei sta chiedendo al Governo italiano qualcosa del tipo moltiplicare i pani e i pesci, ovvero i lavoratori (i pani) e gli importi pensionistici (i pesci).
Ad oggi, purtroppo, ancora nessuno al Governo è in grado di elaborare ricette economiche che consentano di aumentare i lavoratori e gli importi pensionistici.
I soli importi pensionistici che si potranno aumentare sono gli importi minimi, prelevando da pensioni che superano di cinque volte gli importi minimi.
Buonasera Gentilissimo Dottor Perfetto! La ringrazio immensamente per le Sue spiegazioni esaustive, per la Sua raffinata eloquenza e per la Sua lungimiranza. Ringrazio infinitamente anche i Gestori del Sito.
In futuro meglio dare i soldi ai lavoratori in busta paga le pensioni meglio abolirle.