Pagamento Pensioni Marzo 2023: a chi arriva l’aumento e calendario
In questo articolo troverete tutte le novità sul pagamento delle pensioni di marzo 2023. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps) ha infatti annunciato l’erogazione della rivalutazione e degli arretrati per le pensioni che superano la cifra di 2.101,52 euro, calcolati in base all’importo annuale in pagamento. Vediamo poi le date per il pagamento per coloro che ritirano la pensione tramite gli sportelli delle poste italiane.
Pagamento Pensioni Marzo 2023 e aumenti per la rivalutazione: importi e date
Il mese di marzo 2023 segnerà un momento importante per i titolari di pensione che percepiscono un assegno superiore a 2.101,52 euro. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (Inps) provvederà infatti ad erogare la rivalutazione e gli arretrati per questi trattamenti previdenziali. La soglia di 2.101,52 euro corrisponde a quattro volte il trattamento minimo.
Come specificato da una nota dell’Inps, la rivalutazione sarà calcolata in base all’importo annuale in pagamento, come previsto dalla legge di bilancio. La rivalutazione del 100% è già stata erogata per le pensioni inferiori a questa soglia nel mese di gennaio.
Inoltre, a marzo 2023 verranno posti in pagamento anche gli arretrati relativi ai mesi di gennaio e febbraio 2023. Questo significa che i titolari di trattamento previdenziale che percepiscono una pensione superiore a 2.101,52 euro potranno contare su una rivalutazione calcolata in base all’importo annuale in pagamento.
In questo modo, l’Inps garantisce equità nella rivalutazione dei trattamenti previdenziali, sia per i pensionati che per i percettori di prestazioni assistenziali. La decisione rappresenta un importante passo in avanti per tutti i titolari di pensione che percepiscono un assegno superiore alla soglia stabilita.
Il calendario dei pagamenti per marzo
Per chi riceve la pensione in banca o tramite conto corrente postale, la data di accredito sarà il primo giorno utile bancabile del mese, ossia mercoledì 1 marzo 2023. Da quella stessa data sarà possibile anche prelevare tramite gli ATM postamat.
Inoltre, Sostariffe ha stilato quello che sembra essere un calendario per i pagamenti delle pensioni di marzo 2023, per coloro che dovranno presentarsi in uno dei 12800 uffici postali. Di seguito allora ecco la tabella con le date per i pagamenti per chi ritira a mano i soldi tramite le poste, suddiviso come sempre in base alla lettera iniziale del proprio cognome.
Mercoledì 1° marzo | Per i cognomi dalla A alla B |
Giovedì 2 marzo | Per i cognomi dalla C alla D |
Venerdì 3 marzo | Per i cognomi dalla E alla K |
Sabato 4 marzo (solo la mattino) | Per i cognomi dalla L alla O |
Lunedì 6 marzo | Per i cognomi dalla P alla R |
Martedì 7 marzo | Per i cognomi dalla S alla Z |
Pensionipertutti.it grazie alla sua informazione seria e puntuale è stato selezionato dal servizio di Google News, se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre ultime notizie seguici tramite GNEWS andando su questa pagina e cliccando il tasto segui.
Come mai per opzione donna NON ci sono gli arretrati di gennaio, febbraio 2023 NON mi spettano vorrei sapere perché?
Rispondo a Wa52. Mi sembra che ti è sfuggito il concetto della rivalutazione delle pensioni che è stata fatta!!! Le pensioni sono quelle che hanno goduto la piena rivalutazione, rispetto a molti lavoratori, sppratutto quelle basse ….mentre per le pensioni superiori l’importo, come vedi, è decrescente. Ovvio, tu dirai, uno che prende una pensione minima è giusto che venga pienamente tutelato e sostenuto piuttosto che delle pensioni di importi superiori che comunque garantiscono un tenore di vita sufficiente. Beh diciamo che per fare cassa lo stato ha preseo questa scelta ma dal punto di visto etico è iniquo!!!!. Quindi a gennaio sono state pagate subito le pensioni minime rivalutate al massimo….ed ora verranno accreditate a Marzo, altrimenti ad Aprile, le altre rimanenti con un coefficiente di rivalutazione proporzionalmente inferiore. Ma ti faccio una domanda pratica: ma è giusto dare la piena rivalutazione ad importi minimi dovuti a lavoratori che hanno evaso il fisco, pagato pochi contributi grazie ai commercialisti…oppure ai Baby pensionati? Ti faccio un esempio: una mia parente infermiera baby pensionata percepisce una pensione minima poichè a40 anni di età era già pensionata. Sono 35 anni che è in pensione ed ha avuto sempre molte rivalutazioni e la sua pensione non è certo come quella originaria come pensi tu!!!!! Mio padre al contrario, ha lavorato 40 anni in fabbrica con turni di notte e prende, giustamente, 1600 Euro di pensione. La sua pensione è meno rivalutata di quella dell’infermiera che aveva solo meno di 20 anni di contributi!!!! Se prendi un impiegato, un medico, un piccolo imprenditore, un libero professionista che prendono 2500 Euro al mese, ebbene, la loro rivalutazione è ancora minore!!!! Se tu prendi la povera operaia delle pulizie che lavora nella mia ditta prende 800 Euro al mese e deve spendere 120 Euro di benzina al mese per venire a lavorare e non è per niente tutelata!!!! Se prendi me che lavoro come pendolare in fabbrica prendo 1650 al mese a cui devo detrarre 200 Euro al mese di benzina. Ora ti faccio una domanda difficilissima: è più tutelata dall’inflazione la “povera” baby pensionata che sta a casa da 35 anni o tutti gli altri lavoratori che ho menzionato?
Ciao Andrea.
Non era questo il senso che volevo dare al mio commento.
Io affermavo che le pensioni, IN GENERE, subiscono rivalutazioni inferiori agli adeguamenti salariali (questo perché, anche guardando agli anni 2000, i pur bassi incrementi salariali da contratto nazionale, hanno prodotto aumenti medi lordi di120 Euro mensili spalmati in 4 anni).
Dunque, se prendiamo 2 rinnovi contrattuali per una durata complessiva di 8 anni, l’adeguamento medio lordo dopo 8 anni è stato di 240 Euro.
Confrontandolo alla mia pensione originaria da 1.910 Euro netta, rivalutata di 52 Euro netti in 11 anni, il confronto e li da vedere.
La rivalutazione che vedrò, spero, a Marzo sarà nell’ordine di grandezza del 50% del 7,3% massimo al momento determinato.
Si suppone pertanto che: con i prossimi rinnovi contrattuali si dovrebbero operare recuperi salariali più consistenti … concetto a cui Visco richiama, in negativo, l’attenzione di BCE.
So bene che chi vanta molti contributi, anche di valore importante, si trova “discriminato” rispetto a chi ne vanta pochi e di valore inferiore.
E io sono contrario al taglio delle pensioni di chi ha versamenti che la giustificano.
Ma certamente il decisore, che sa far di conto, se vuole operare risparmi di esborsi e limitare la possibile “rivolta popolare”, agisce sui numeri e sugli importi di chi un tempo era considerato appartenere alla “classe media” che ora si ritiene se pensionata appartenere ai fuoriusciti col metodo retributivo.
Per gli altri, per quelli a venire, ci hanno già pensato col metodo contributivo.
Ora sarebbe da valutare se sia bene seguire per le pensioni: le rivalutazioni da inflazione o da retribuzione in base al ragionamento spiegatoci da Perfetto.
Saluti.
Sono convinto che oggi i lavoratori di Lazio e Lombardia che i recheranno a votare si ricorderanno di chi ha fatto recentemente FALSE PROMESSE ELETTORALI, inventandosi PALETTI COME PILONI una volta eletto…
Domani sera sono sicuro che ne avremo conferma, dopodiché …chiedo alla redazione di intervistare nuovamente Durigon, che accusava Orlando di non avere fatto la riforma delle pensioni … stiamo aspettando di vedere cosa fa lui (a parte quota 103 che ha anche un tetto soglia INCOSTITUZIONALE, come giustamente diceva poco tempo fa anche un redattore dell’autorevole Sole24Ore)…
Comunque, ripeto, i lavoratori hanno buonanotte memoria, e alle urne si ricordano di chi li ha presi in giro con FALSE PROMESSE ELETTORALI !
Andrea penso che riguardo agli adeguamenti delle pensioni non sia come tu sostieni.
Non puoi pensare che quanto avvenuto quest’anno a causa dell’inflazione sia stata regola anche negli ultimi 10.
In 11 anni, ovvero dal gennaio 2012, io ho visto un aumento del 2% (42 Euro netti) e non ho certamente una pensione d’oro.
Quando 11 anni sono quasi tre rinnovi contrattuali e chi li ha ottenuti ne avrà certamente avuto un ricavo maggiore.
Ma, se mi convinci del contrario, posso sentire INPS per vedere se ha fatto qualche errore di calcolo o se quanto ti dico sia dovuto ad aumenti d’imposte.
Di pericoloso per gli stipendi io vedrei quanto affermato da Visco riguardo il loro incremento per rincorrere l’inflazione.
E come ci ha spiegato il dottor Perfetto forse sarebbe il caso di pendere in esame se sia più corretto procedere con:
Adeguamenti all’inflazione.
Adeguamenti all’aumento dei salari.
Nessun aumento.
O come molti ormai sostengono … tagliare.
Più coerente al momento storico mi pare invece il pensiero di Mariano, o meglio il sottinteso che inviterebbe ad affrontare tutte le problematiche politiche (seguite al crollo del muro) ed economiche (neoliberismo) che fanno da cornice al bel mondo in cui soprav-viviamo.
Saluti
L’analisi fatta ci fa ben comprendere il vicolo cieco in cui noi lavoratori ci siamo cacciati, con prospettive zero e speranze di uscirne ridotte al lumicino ormai- con la grave crisi economica che provoca di riflesso poca occupazione e di riflesso consequenziale l’impossibilità per noi di andare in pensione e di rimanere incollati vita natural durante alle mansioni affidateci- ed allora qualcuno mi spieghi perché i quattrini vengono sempre trovati per questioni delicate come la guerra, le squadre di A, per aumentare gli stipendi dei politici e tante altre cose- questo significa che non e’ materia delicata , tenere al lavoro gente che è sfinita a più di 62 anni e gente che lavora da quando aveva 16 anni e donne che per le molteplici attività familiari sono allo stremo……questa deve essere la regola per chi sa quanti anni ? ma ci rendiamo conto che in questo vicolo cieco che citavo, alla fine rimarremo tutti strozzati, senza speranza, sognando di diventare i pensionati di oggi , con le loro rivalutazioni, con la loro granitica certezza che nessuno calpestera’ i loro diritti e bisogni, perché ci siamo noi lavoratori che col nostro sudore gli garantiamo il rateo mensile, la vita comoda da 40 e più anni , gli agi più degni che ci siano- in parole povere tocca a noi reggere il sistema previdenziale e non solo , per chissà quanti anni ancora – e vi sembra legittima una cosa del genere, vi sembra costituzionale una simile imposizione, perché se l’italia è una repubblica fondata sul lavoro, non significa che il lavoro altrui debba reggere per sempre le pensioni altrui , fino alla morte, come immersi in un girone dantesco , dove scontare per l’eternità la triste e maledetta pena ……di essere un lavoratore e mai, mai, e mai più un pensionato- mi ripeterò fino alla noia….abbiamo una sola via di uscita , per uscire dal vicolo cieco……scendere in pista da soli e correre, correre senza paura e vedrete che qualcuno incomincera ‘ a ragionare su come farci uscire dal vicolo cieco e come liberare il girone dantesco dalle migliaia di anime ivi rinchiuse.
Su come trovare fondi per la riforma pensionistica Salvini aveva proposto di eliminare gli abusi dal reddito di cittadinanza e con quei risparmi coprire in buona parte i costi della riforma …chissà se è rimasto della stessa idea …mi sembra che da un po’ non parli di pensioni …
Buon pomeriggio! Spero che tutti i pensionati, a marzo, oltre alla consueta pensione, percepiscano anche gli aumenti, indotti dalla rivalutazione, e gli arretrati. Ringrazio tutti vivamente.
LAVORO = PENSIONI
e
PENSIONI = LAVORO.
Sono due equazioni strettamente legate tra loro, talmente semplici, che il solo evidenziarle rasenta la banalità.
La prima equazione, LAVORO = PENSIONI, afferma:
1. Se l’importo PENSIONI aumenta (perché viene adeguato all’aumento della costo della vita – ovvero, all’inflazione) allora anche il salario (LAVORO) deve aumentare, per almeno due motivi: a) perché il costo della vita aumenta anche per i lavoratori (e non solo per i pensionati); b) perché occorre finanziare l’aumento delle pensioni con i contributi dei lavoratori attivi (perciò, se i salari non aumentano, i contributi risultano inferiori al fabbisogno per finanziare le pensioni, e quindi le pensioni – che devono comunque essere pagate – vengono erogate in deficit).
La seconda equazione, PENSIONI = LAVORO, afferma:
2. Se l’importo SALARIO (LAVORO) non aumenta, allora anche l’importo pensionistico (PENSIONI) non aumenta. Ma se il numero dei lavoratori attivi aumenta, sebbene il salario non aumenti, tuttavia aumentano i contributi versati dai lavoratori attivi e quindi si raggiunge il fabbisogno per finanziare le PENSIONI il cui aumento viene determinato dall’aumento del costo della vita.
TRE suggerimenti pe il Governo in ambito pensionistico (da attuarsi nell’ordine di preferenza come elencati di seguito) per mantenere in equilibrio il sistema previdenziale:
a) Se le pensioni aumentano per adeguarle al costo della vita, allora occorre aumentare anche i salari adeguandoli al costo della vita;
b) Se le pensioni aumentano per adeguarle al costo della vita, e se i salari non aumentano perché non vengono adeguati al costo della vita, allora occorre aumentare il livello di occupazione;
c) Se i salari non aumentano perché non vengono adeguati al costo della vita, e se non aumenta il livello di occupazione, allora le pensioni non vanno aumentate, e vanno agganciate ai salari e non all’inflazione.
Buonasera.
Chiarissime, più che corrette le eguaglianze.
Ma:
Visco, Governatore della Banca d’Italia, oggi ci mette in guardia dai rischi di una rincorsa tra costo del lavoro e inflazione.
Uno direbbe che se non è:
ZUPPA = PAN BAGNATO!
Come ne usciamo: col LAVORO.
Ma ma allora bisognerebbe farlo rientrare dalla porta visto che nel frattempo è uscito dalla finestra.
Vede, sig. WAL52, da anni la crescita economica in Italia è molto fiacca, è come un vento che non si alza per spingere una sperduta barca.
In una economia che non cresce non si possono creare nuovi posti di lavoro, con la conseguenza che chi lavora continua a lavorare, e chi non lavora continua a non lavorare.
Per poter crescere in una economia che non cresce occorre effettuare uno “swap”: fuori uno e dentro l’altro.
In pratica, la situazione è questa: chi lavora non può andare in pensione, perché non c’è chi potrebbe lavorare al posto suo; e chi non lavora non può prendere il posto di un altro, perché non c’è chi libera il posto per lui.
È ciò che viene detto: “è il cane che si morde la coda”. È una situazione di impasse, di stallo. E da qui non si esce senza un “intervento esterno” (che non è certamente la Provvidenza di cui parla spesso il Manzoni)
PRIMA COSA DA FARE: non dipendere dai prestiti esteri. E a questo il Governo pare ci abbia già pensato, dal momento che pensa di rivolgersi agli Italiani. Pensa di contrarre il debito più con gli italiani che con altri, pensa di “nazionalizzare” il debito pubblico.
SECONDA COSA DA FARE: non dipendere dai prestiti (nemmeno da quelli degli italiani). E a questo il Governo pare non ci abbia ancora pensato, visto che ha intenzione di chiedere prestiti agli italiani.
TERZA COSA DA FARE: affidarsi più alle proprie risorse che a quelle degli altri (italiani e non). Lo Stato ha immobili per un valore di circa 342 miliardi di euro (forse qualche miliardo in meno, perché – si dice in giro – qualche immobile potrebbe essere stato svenduto a qualche politico di casa nostra).
QUARTA COSA DA FARE: vendere i propri immobili senza svenderli, e in modo che restino nelle mani dello Stato. Detto in altri termini, lo Stato dovrebbe “impegnare” (dare in pegno) i propri immobili in cambio di denaro (come fanno alcune famiglie che si recano al Monte di Pietà). Lo Stato dovrebbe però pensare di fare in modo di poter rientrare in possesso degli immobili che dà in pegno (nota: dando in pegno gli immobili di Stato si evita anche che vengano svenduti – come si dice in giro – ad alcuni politici di casa nostra).
QUINTA COSA DA FARE: lasciare andare in pensione i lavoratori anziani, retribuendo le pensioni con i ricavi derivanti dall’avere dato in pegno gli immobili. In questo modo si liberano posti di lavoro e le imprese si liberano in parte di forza lavoro, recuperando redditività e quindi in grado di effettuare nuovi investimenti.
SESTA COSA DA FARE: proseguire con l’attuazione del piano nazionale chiamato “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” come previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Dottor Perfetto, lei non sarà d’accordo, ma le sole, fondamentali, cose da fare sarebbero, in successione: liberarsi dalla attuale classe politica, che può generare solo governi collaborazionisti ; uscire da sistema euro; uscire da EU (sottolineo UE, non Europa); nazionalizzare le aziende strategiche, a partire da energia e telecomunicazioni, passando per acciaio e parte del sistema bancario; tornare all’investimento pubblico monetizzando il debito con il coinvolgimento della Banca Centrale, riportata, finalmente, sotto il pieno controllo statale. Decenni di liberismo sfrenato hanno prodotto sconquassi ovunque, hanno distrutto la classe media, lo stato sociale (welfare), ridotto il tenore di vita di tutti, salvo pochi “eletti “ e i loro portaborse (politici, sindacalisti, importanti funzionari pubblici): è giunto il momento di aprire gli occhi, altrimenti, davvero, questi non solo non ci faranno andare in pensione, ma arriveranno a programmare ,in funzione dei loro aberranti progetti transumanisti , la nostra dipartita, se non più utili al sistema (un certo Hitler aveva lo stesso tipo di intendimento ), e la chiameranno eutanasia!
Sig. Mariano, si senta libero di dissentire dal mio pensiero, ha piena facoltà di nutrire e manifestare le sue opinioni.
È vero che su alcuni punti da lei elencati non sono d’accordo.
PUNTO UNO. Lei afferma: “liberarsi dalla attuale classe politica, che può generare solo governi collaborazionisti”.
Io rispondo: Impossibile liberarsi dall’attuale classe politica. Vi sarà sempre una “attuale” classe politica di cui ci sarebbe da liberarsi, ed è quella che viene scelta e creata proprio dal popolo (come dimostra la formazione del futuro partito “PD” che presumibilmente cambierà nome).
Inoltre, ogni Governo che si formerà dovrà per forza di cose “collaborare” con altri Governi internazionali per evitare di rimanere isolato, il che avrebbe ricadute assai negative sull’andamento dell’economia nazionale (si veda l’esempio della Brexit UK).
PUNTO DUE. Lei afferma: “uscire da sistema euro; uscire da EU (sottolineo UE, non Europa)”.
Io rispondo: Se comprendo bene, lei propone di uscire dal sistema euro (moneta unica europea) pur rimanendo nella Unione Europea (UE). Sarebbe possibile uscire dal sistema euro e rimanere nel contempo nella Unione Europea. Ma lo sconsiglierei fortemente.
Se l’Italia uscisse dal sistema euro dovrebbe dotarsi di una propria moneta con cui effettuare scambi internazionali. Verrebbe messa sotto attacco speculativo (si ricordi quando la lira italiana fu messa sotto attacco e fu costretta ad uscire dallo SME (Sistema Monetario Europeo) nel 1993, e il Governo fu costretto a svalutare la lira, con ripercussioni positive verso l’estero grazie all’aumento dell’export, ma con gravi conseguenze negative verso l’interno a causa di inflazione e aumento dei tassi di interesse).
Sono invece dell’opinione di restare nel sistema euro ma utilizzando una moneta nazionale (una “e-lira” scritturale, non criptovaluta) la cui circolazione sia limitata al solo territorio nazionale. Una doppia circolazione della moneta (euro ed “e-lira”) con contrasterebbe né con i Trattati europei né con la Costituzione della Repubblica Italiana (la quale, nell’Articolo 11, consente “limitazioni di sovranità” ma non “cessione di sovranità” – tantomeno la cessione di sovranità monetaria).
PUNTO TRE. Lei afferma “nazionalizzare le aziende strategiche, a partire da energia e telecomunicazioni, passando per acciaio e parte del sistema bancario, riportata, finalmente, sotto il pieno controllo statale”.
Io rispondo: Sono d’accordo con la nazionalizzazione delle aziende strategiche. Più precisamente, sono d’accordo con la partecipazione pubblico-privato in cui lo Stato possiede il 51% delle azioni e quindi il controllo delle aziende.
Sono d’accordo con l’istituire l’I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione dell’Italia, sullo stile dell’impianto I.R.I degli anni Settanta – Istituto per la Ricostruzione Industriale).
Per quanto riguarda la nazionalizzazione del sistema bancario, ritengo sufficiente che si nazionalizzi la Banca Centrale. Lasciamo da parte la Banca d’Italia (la quale non avrebbe neanche più ragione di esistere, in quanto non ha alcuna facoltà di stampare moneta, né di regolare i cambi con l’estero, né di operare la vigilanza sulle altre banche). Esiste già una banca “nazionalizzata”, anzi, governativa, la Cassa Depositi e Prestiti, in quanto è controllata per circa l’83% da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Per quanto riguarda la mia idea sull’IRI, devo aggiungere che mi trovo d’accordo con la Proposta (avanzata nel 2020) di Giuseppe Rao per uscire dalla crisi: “Stato imprenditore e un moderno Iri per un nuovo umanesimo industriale” (https://www.academia.edu/44795953/La_proposta_di_Rao_per_uscire_dalla_crisi_Stato_imprenditore_e_un_moderno_Iri_per_un_nuovo_umanesimo_industriale_).
NOTA: Giuseppe Rao è Consigliere del Governo (non saprei dire, però, se è rimasto consigliere dell’attuale Governo Meloni) (https://presidenza.governo.it/AmministrazioneTrasparente/Personale/curriculum/dettaglio.asp?d=23357&queryInServizio=nocessa)
CONCLUSIONI. Ognuno vorrebbe un mondo fatto a propria misura. Ognuno vorrebbe cambiare il mondo. Magari è pronto a riconoscere che non può cambiare il mondo, e allora si orienta a cambiare il proprio Paese, magari con le elezioni. Si accorge, però, quanto sia difficile cambiare il proprio Paese, e allora si domanda se può cambiare il proprio Partito, o il proprio Sindacato. Si accorge, però, che anche cambiando il proprio Partito o il proprio Sindacato, le cose, pur cambiando, rimangono le stesse. E questo vale anche per la propria azienda, per la propria famiglia, per la persona amata. Quanto è difficile cambiare le cose!
Ma la vita cela un profondo segreto: se cambierò me stesso, avrò cambiato il mondo, perché avrò cambiato la mia “visione” del mondo!
Gli stipendi di molti lavoratori sono fermi da anni se non decenni……le pensioni vengono, al contrario, continuamente rivalutate all’inflazione……….Io nella mia busta paga di lavoratore in fabbricanon ho mai ricevuto dei così “cospiqui” aumenti. Tanto per intenderci: un lavoratore con la pensione minima (che naturalmente ha versato pochissimi contributi) godrà della massima rivalutazione inflattiva…..per non parlare di Berlusconi, che per ragioni elettorali propone il raddoppio delle pensioni minime da 500 a 1000 Euro. La stessa lavoratrice donna che ad esempio lavora part-time in un impresa di pulizie e che percepisce 800 Euro al mese si attacca al tram. Questa è l’equità di trattamento dei cittadini italiani!!!!! Poi…sono d’accordo …….nessuno sputa sopra ad un aumento di retribuzione