Quando si va in pensione, ci si trova di punto in bianco con una disponibilità economica inferiore rispetto a quella sulla quale si poteva contare durante la vita lavorativa. Questo dipende dal fatto che l’ammontare dell’assegno pensionistico erogato dall’INPS o da altre casse previdenziali è più basso rispetto all’ultimo stipendio ricevuto. Tale discrepanza, calcolata in percentuale, prende il nome di GAP previdenziale.
Per evitare di ritrovarsi in questa situazione e garantirsi una vecchiaia serena dal punto di vista economico è necessario prendere provvedimenti prima che sia troppo tardi. I metodi per colmare, almeno in parte, il GAP non mancano e vanno dal riscatto dei contributi alla sottoscrizione di una pensione integrativa.
Per saperne di più sui Piani Individuali Pensionistici e aprirne subito uno, è possibile consultare questo link. Di seguito andremo a scoprire, più nel dettaglio, che cos’è il GAP previdenziale, cosa comporta e quali sono i principali metodi che possono aiutare a ridurlo.
Che cos’è esattamente il GAP previdenziale
Quando si parla di GAP previdenziale si fa riferimento alla differenza percentuale tra l’ultimo stipendio percepito dal lavoratore prima di andare in pensione e l’ammontare della prima pensione mensile. Nella maggior parte dei casi, il secondo risulta decisamente più basso del primo, tanto da causare non pochi problemi a chi si ritrova d’improvviso con un reddito inferiore rispetto a quello al quale era abituato.
Le conseguenze derivanti dal GAP sono facilmente intuibili e riguardano, in primis una modifica, perlopiù in negativo, delle abitudini e dello stile di vita, nonché una certa riduzione del livello di benessere. Oltre a questo, i pensionati con un GAP elevato potrebbero trovarsi improvvisamente in difficoltà nel far fronte a spese fisse come il pagamento delle rate di prestiti o mutui, dell’affitto mensile, delle bollette.
I fattori che possono aumentarlo sono svariati e riguardano principalmente l’inflazione e l’insufficienza dei contributi versati a causa di periodi di disoccupazione, contratti di lavoro a tempo parziale e via dicendo. Anche il gender GAP contribuisce, per le donne, ad aumentare la differenza tra l’ultimo stipendio percepito e la pensione.
Come colmarlo
Il primo metodo al quale è possibile ricorrere per colmare il GAP previdenziale consiste nell’aderire a una pensione complementare o integrativa. A seconda dei casi, della professione svolta e degli obiettivi fissati si potrà scegliere di aderire a un Fondo Pensione aperto o chiuso, oppure a un PIP. È importante tenere a mente che al Piano Pensionistico Individuale e al Fondo Pensione Aperto può aderire anche chi è disoccupato. Naturalmente, trattandosi di forme di investimento vere e proprie, è sempre fondamentale scegliere con attenzione – e con l’aiuto di un consulente – la formula più in linea con il proprio profilo di rischio e gli obiettivi fissati.
Anche altre forme di investimento, come l’apertura di conti deposito e il ricorso alla gestione patrimoniale, possono aiutare a colmare il GAP, ma anche in questo caso, per proteggersi da perdite di capitale e dal rischio di non raggiungere gli obiettivi fissati, è indispensabile evitare il fai da te e mettersi nelle mani di intermediari e consulenti finanziari seri e affidabili.
Tra i metodi offerti direttamente dalle casse previdenziali e utili per colmare parzialmente il GAP rientrano il riscatto dei contributi relativi a specifici periodi, come gli anni universitari; la totalizzazione, il cumulo o la ricongiunzione di contributi versati in casse previdenziali differenti e l’accredito dei contributi figurativi.
Caro Paolo, semplifico … se guardi anche ad altri Stati (es.Germania) quando intervenuti sulle pensioni hanno legiferato dicendo e facendo …. dai nati dal … le regole sono queste.
Questa cavolo di società che ci hanno “regalato” la abbiamo accettata noi … o vogliamo confrontarci con ciò che hanno vissuto i nostri padri … ritenendoli fortunati perché si pensionavano con 35 di contribuzione.
Saluti.
Noi a confronto siamo molto fortunati rispetto ai nostri padri; loro, e parlo del mio, hanno vissuto realtà durissime che noi neanche immaginiamo; lui, ed entro nel personale, in una mutilazione in guerra d’albania, ha avuto fortuna; gli alpini della Julia, come un numero a caso 100 mila, li mandarono in Russia e ne tornarono pochissimi; siamo , ripeto, molto fortunati; io comunque sono scappato dato che dal punto di vista lavorativo ho sofferto; un amico rimane a lavorare oltre i limiti Fornero ma perchè secondo me ha sofferto poco; saluti a te e ai gestori del sito
Mio Padre classe 1918, 20 anni di contributi + 7 di guerra… una pensione da fame o quasi….
Buongiorno Max.
Hai centrato il senso delle differenze.
Il mio: classe 1919.
Due mesi al fronte, con un seguito di: 7 anni di prigionia, 32 anni di versamenti, a cui sono seguiti soli 2 anni di vita … ma che vuoi apparteneva a una generazione di “fortunati” perché negli anni 70 era permesso loro di pensionarsi trascorsi 35 anni di contributi.
Saluti
Vedi Wal, lui ebbe bravura e fortuna; era sicuramente uno robusto; dove sta la fortuna? e non arrabbiarti: quanti di quei prigionieri vissero? quanti di quei prigionieri morirono a 30 anni? è tutto relativo; poi ricordo il racconto di un uomo che disse: io sono vivo grazie ad 1 chilo: i tedeschi pesavano i prigionieri alla mattina; quelli sotto i 35 kg venivano uccisi; lo pesarono ed era 36 kg; il giorno dopo vennero liberati; ho comunque fatto un commento su mio padre ma non è stato pubblicato; parlava di quelli che sono stati mandati in Russia durante la guerra; poi bisogna prendersela con i potentati economici che decidono le guerre
Poveri nostri adorati vecchi !! Non dimentichiamo MAI
Sul sito INPS c’è la possibilità di sapere a quanto ammonterà il tuo assegno. Più o meno, o precisamente se hai smesso di lavorare.
Grazie per l’articolo sempre molto interessate e ricco di informazioni. Naturalmente parchi sta andando in pensione ora e non ha pensato prima al GAP sarà difficile colmarlo. Certo dipende anche dal tipo di pensione e dallo stipendio che un lavoratore percepisce. Nel mio caso avendo uno stipendio buono e una fondo pensione ormai da 30 anni posso affermare che non avrò quasi nessun GAP ed inoltre ad una certa età le esigenza sono nettamente inferiori avendo anche sistemato i figli. La pensione integrativa è utile per chi non riesce ad attuare una forma di risparmio nella sua vita lavorativa altrimenti bastava acquistare un immobile e percepire in tal modo un affitto ad integrazione della pensione e una volta stufi con la vendita di tale immobile assicurarsi una bella integrazione per il resto della vita. naturalmente questo non vale parchi ha avuto una retribuzione bassa quando lavorava, per questo motivo mi indigno quando sento parlare di aumentare le pensioni minime di chi non ha mai lavorato abbassando invece i coefficienti o passando a tutto contributivo per le perone che hanno lavorato 40 o più anni. Questo porta a d avere molti pensionati che hanno fatto il loro dovere pagando le tasse ha pensioni molto basse e non è giusto ne morale.
tu parli caro stefano di chi, non avendo mai lavorato, percepisce una pensione minima; entri in un mare di situazioni molto diverse e ne evidenziamo alcune: certo, esiste il disonesto che ne approfitta; poi esiste colui, disonesto, che dice: ti va bene lavorare a queste condizioni? se dici di no, io altri alle tue condizioni, più disperati di te, io li trovo; la pensione integrativa, forse una volta non era necessaria( ai tempi del tutto retributivo), per noi ben oltre i 60 anni era necessaria; adesso poi per i giovani è fondamentale; acquistarsi un immobile? costa veramente molto, ma molto; pensioni molto basse, ma la storia si sapeva 30 anni fa; adesso ricattare il lavoratore proponendogli il tutto contributivo per andare via prima è immorale; peggio sarebbe se dicessero: d’ora in poi sistema contributivo per tutti indipendentemente se vai con i requisiti Fornero; saluti a te e ai gestori del sito
Ad una certa età, con gravi problematiche di salute, le esigenze aumentano…certo con una salute ottima…ma sono pochi coloro che passano dall’ottima salute al riposo eterno….. Bisogna mettere in conto qualche anno con necessità d’assistenza continua a casa o in ospizio (RSA….ma non cambia….). Saluti .
Se penso al lontano 2005 quando mi dissero: fatti la pensione integrativa, ti sarà utile; doveva essere la 2° gamba, risulta l’unica; ma risparmiando una vita intera ………. saluti ai gestori del sito
Il Proff. Beppe Scienza tratta l’ argomento pensioni integrative..
Questo è un punto importante da tenere in considerazione, io ringrazierò sempre il giorno che ho deciso di aderire al fondo cometa (1998) con il 40 percento del TFR, adesso mi farà avere un entrata che sommata alla pensione INPS che prenderò nel 2025 all’incirca uguale all’importo netto che prendevo quando lavoravo.
parole sacrosante, eppure molti giovani colleghi non ne vogliono sentir parlare, anche perchè gli stipendi troppo bassi sono un deterrente fisiologico alla previdenza integrativa..
Caro Sergio, il proverbio dice: meglio poco che niente; un altro proverbio dice: con una goccia al giorno alla lunga si riempie una vasca; l’ultima massima: risparmio (3 volte); dillo ai tuoi giovani colleghi; saluti a te , ai tuoi giovani colleghi e ai gestori del sito
Buon giorno DON.
Premesso che ti auguro tutto il bene possibile.
A me pare che il contenuto dell’articolo odierno sia in linea coi tempi ma carente per poter esprimere un giudizio di sostegno o di avversione in quanto i numeri necessari (fondi pensioni chiusi, aperti, le gestioni patrimoniali ecc … non li sa nessuno).
Detto questo, preciso che lo faccio da quasi 84 anni di versamenti cumulati (tra retributivi, i miei, e misti della consorte) nella contribuzione pensionistica obbligatoria (il primo pilastro INPS) e che nonostante questo, a suo tempo abbiamo anche noi aderito ai fondi chiusi di relativa categoria.
La “confusione” pensionistica (il dopo DINI) aleggiava anche a inizio del nuovo millennio, non meno di oggi, … almeno per chi la voleva vedere.
La risposta che oggi darei a Don la giro in domanda: avresti preferito non dover sottostare alla necessità di disporre di una pensione integrativa e di aver viceversa potuto mantenere il sistema retributivo fermo restando una uscita in età più avanzata imposta dai limiti Fornero attuali?
Saluti Don.
Alla tua domanda rispondo senza indugio alla seconda tua opzione cioè il tutto retributivo con i parametri Fornero, ma purtroppo alla data attuale meno male che ho fatto cometa con non pochi sacrifici tra l’altro perché sempre stato monoreddito con 2 figli e moglie a carico per tanti anni anche se con buon stipendio.
Caro Wal, perdonami ma all’epoca , e parliamo del 1995, fu calcolato: salviamo chi allora avevo meno di 18 anni di contributi e buttiamo a mare noi; perchè? perchè dovevano far partire le pensioni integrative; e la legge Fornero? ma la gente aveva calcolato 35 max 40 di contributi; e per fortuna che quota 100 bloccò l’aspettativa di vita altrimenti saremmo adesso a quasi 44 anni di contributi; meglio comunque retributivo e 40 anni di contributi; un saluto a te e ai gestori del sito