Pensioni, damiano

Pensioni, ultime su esodati, quota 41 e decreto rilancio: intervista a Damiano

Abbiamo il piacere di ospitare sul nostro sito Cesare Damiano, già ministro del Lavoro e dirigente del partito democratico, che si é gentilmente confrontato con noi, in questa intervista in esclusiva, su temi che stanno particolarmente a cuore ai cittadini in attesa da giorni del decreto rilancio, finalmente approvato, e della ripartenza degli incontri tra Governo e sindacati al fine di riaprire il capitolo previdenziale.

L’onorevole Damiano non ha mancato di sottolineare come nell’attuale decreto rilancio vi sia insito il fine di tutelare i più deboli, i maggiormente colpiti da questa pandemia: lavoratori, imprese e famiglie. Per questa ragione, se lo scopo è non ‘lasciare indietro nessuno’, ritiene doveroso rilanciare la richiesta del Comitato Esodati in quanto il Governo non può e non deve dimenticare gli ultimi 6.000 cittadini rimasti fuori da ogni tutala e dalle precedenti otto salvaguardie. Inoltre sarebbe bene, alla riapertura del capitolo previdenziale, ampliare la platea dei lavori maggiormente gravosi o pericolosi, includendo, ora ad esempio, quelli più esposti al virus; ha altresì ribadito con forza come sia fondamentale permettere al lavoratore di poter uscire anticipatamente dal mondo del lavoro, già a partire dai 62 anni d’età a fronte, per taluni, di una penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo o con 41 anni di contributi.  Eccovi l’interessante intervista che ne é emersa

Decreto rilancio e pensioni, gli esodati non possono restare esclusi

Gentilissimo onorevole Damiano, é stato finalmente approvato il ‘Decreto Rilancio’che prevede uno stanziamento considerevole per far fronte agli effetti determinati dalla pandemia su famiglie, imprese e lavoratori. Si parla di circa 55 miliardi, a tal proposito, ieri la rappresentante del Comitato 6.000 esodati esclusi ha lanciato un appello a Misiani ed all’intero Governo segnalando come ci si stia nuovamente dimenticando di una categoria esausta non solo a causa del Covid 19 ma da 8 anni di attesa di giustizia previdenziale, stiamo parlando degli esodati. La Stojan ha esplicitamente chiesto tutela per queste 6.000 persone e la riapertura dell’ottava salvaguardia. Come reputa tale richiesta?

Il Governo ha approvato il “Decreto Rilancio” che prevede uno stanziamento di 55 miliardi a favore di imprese, lavoratori e famiglie, al fine di far fronte agli effetti della pandemia. Noi abbiamo sempre insistito su alcuni criteri: la velocità delle erogazioni, dai bonus alla Cassa Integrazione; l’inclusione di tutti, soprattutto dei soggetti più deboli; la durata degli interventi, almeno per tutto il 2020; la destinazione di risorse a fondo perduto per la riapertura delle aziende, in particolare di quelle piccole e micro. In questa logica, troviamo del tutto legittima e fondata la richiesta del Coordinamento dei lavoratori esodati di risolvere conclusivamente la loro situazione.

Si tratta di circa 6.000 persone che non hanno nè stipendio nè pensione perché non sono rientrate nelle 8 salvaguardie previdenziali. Si tratta delle ultime vittime della legge Monti-Fornero: ricordo che con le salvaguardie circa 150mila lavoratori sono stati mandati in pensione, con uno stanziamento complessivo di 11 miliardi di euro. Adesso si tratterebbe di compiere l’ultimo passo. Se il Governo trascura questa situazione commette un errore e non tutela tutti i più deboli.

Riforma pensioni, il Covid 19 quanto ha inciso e cosa cambierà?

A suo avviso per quanto concerne la questione previdenziale, al momento in standby, cos’ha messo in luce questa pandemia e quanto di quello che involontariamente questo virus ci ‘ha insegnato’ potrebbe trovare posto nella stesura della prossima riforma delle pensioni?

La pandemia da Coronavirus ha fatto balzare in evidenza la questione della prevenzione e dell’impatto dell’emergenza sanitaria sulla salute dei lavoratori. In questa ottica la questione di una riforma della previdenza, momentaneamente accantonata e della quale sarebbe necessario occuparsi nuovamente, va concepita in una logica nuova e non più separata dalla definizione di uno standard di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, resa ancora più evidente dall’attuale pandemia.

Non si tratta, quindi, di produrre un aggiustamento, al costo più basso possibile, delle storture dell’attuale modello previdenziale, ma di proporre la riscrittura del profilo delle tutele sociali del nostro Paese in grado di prevenire anche le situazioni di emergenza come l’attuale, mettendo al riparo soprattutto i soggetti che si sono rivelati più fragili. Passare da un sistema rigido (Monti-Fornero) a uno flessibile che privilegi l’uscita anticipata dal lavoro, soprattuto di chi svolge non solo i lavori usuranti e gravosi, ma anche di chi è maggiormente esposti al contagio, è anche il modo con il quale diminuire l’esposizione al rischio di chi supera una certa soglia di età ed è più fragile di altri, come ci rileva l’attuale pandemia.

Pensioni 2020: ok quota 41 e uscita dai 62 con penalizzazione ma non per tutti

Quindi quali dovrebbero essere, a suo avviso, gli argomenti fondamentali di discussione da cui ripartire nel prossimo tavolo di confronto col Governo? I sindacati hanno proposto come punti cardine negli incontri pre covid 19: la flessibilità in uscita dai 62 anni, la quota 41 per i lavoratori precoci indipendentemente dall’età e un occhio di riguardo ai giovani, che rischiano di non poter avere pensioni dignitose a causa dei lavori precari e intermittenti che svolgono. Si trova concorde con tali richieste?

Gli argomenti fondamentali di discussione, quando si parla di pensioni, ruotano attorno a un criterio di flessibilità che consenta l’uscita anticipata dal lavoro. Inoltre, questo argomento non può essere disgiunto da quello dei giovani, ai quali assicurare un risultato previdenziale dignitoso nonostante l’attuale discontinuità che caratterizza il mercato del lavoro delle giovani generazioni. Sul primo punto, come ha evidenziato lei, i sindacati hanno avanzato molte richieste; tra queste, la fissazione di 41 anni di contributi come misura sufficiente ad andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica. Si tratta dei cosiddetti lavoratori precoci, cioè di coloro che hanno cominciato a lavorare tra i 15 e i 20 anni. In secondo luogo un’uscita flessibile a partire dai 62 di età.

A questo proposito la nostra opinione è molto semplice: nel caso delle normali attività l’anticipo pensionistico può essere collegato a una penalizzazione (ad esempio il 2% per ogni anno anticipato). Nel caso di lavori usuranti o gravosi o esposti a rischi di contagio non ci dovrebbe essere penalizzazione. Questa misura, a differenza di quello che è avvenuto con Quota 100, dovrebbe diventare strutturale. Per noi si impone un tema: rivedere e ampliare l’elenco delle attività gravose e usuranti.

Riforma pensioni: fondamentale ampliare elenco attività gravose e usuranti

Cosa dovrebbe tenere conto l’elenco delle attività gravose e usuranti che lei ha in mente, quali dovrebbero rientrarvi ‘di diritto’?

Penso non solo all’inclusione di categorie precedentemente escluse (come il caso dell’edilizia), ma anche a nuovi inserimenti di attività lavorative che, nella pandemia, sono apparse come particolarmente esposte.

A questo proposito è opportuno segnalare il fatto che l’U.S. Department of Labor, Employment and Training Administration, ha individuato le categorie di lavoratori maggiormente a rischio: dagli igienisti dentali ai cassieri, per fare un esempio. È dunque evidente che nella riscrittura delle mansioni meritevoli di un anticipo pensionistico, occorrerà intrecciare le attività usuranti e gravose con quelle esposte a rischio contagio.

La prevenzione si può dunque esercitare attraverso buone pratiche, ad esempio quelle definite dalle parti sociali per la ripresa produttiva-Fase 2, e con l’accesso anticipato alla pensione attraverso un collegamento tra l’esposizione al rischio e l’età del lavoratore.

Ringraziamo l’onorevole Cesare Damiano per il tempo dedicatoci e per la lunga intervista che ci ha concesso, ricordiamo a chiunque volesse riprendere parte dell’intervista che, trattandosi di esclusiva, é tenuto a citare la fonte.

Pensionipertutti.it grazie alla sua informazione seria e puntuale è stato selezionato dal servizio di Google News, se vuoi essere sempre aggiornato sulle nostre ultime notizie seguici tramite GNEWS andando su questa pagina e cliccando il tasto segui.

16 commenti su “Pensioni, ultime su esodati, quota 41 e decreto rilancio: intervista a Damiano

  1. Damiano, Damiano, Damiano……la tua proposta buona e di buon senso 1. quota 41, 2. quota cento con relative ma sensate penalizzazioni, ormai è quasi vecchia come la bastardata delle legge fornero-monti, (votata dal pd di bersani, dal pdl di Berlusconi, tra loro razzi ed anche meloni… poi dettasi quasi pentita )…. ma l’unico che l’avrebbe votata allora era Salvini con la Lega che in parlamento aveva si e no 30 votanti, gli altri partiti … in primis il pd con letta junior, renzie, gentilone, poi m5s e lega con conte 1 hanno fatto quota 100 e reddito di cittadinanza… diversa dalla tua proposta con 38 anni di contributi e 62 anni di età ….. e chi ha 41 anni di contributi e meno di 62 anni ( 61-60-59-58)…… se la piglia in saccoccia ………… sarebbe stato più onesto ……… fare il contrario…. prima i 41 anni …..
    Quando ci lasceranno votare ancora …… chi avrà interesse a farlo ….. faccia mente locale a quanto sopra ….. ed a quanto sotto:
    Settimo Rapporto sul Bilancio del sistema Previdenziale Italiano
    ove di evince come al 1 gennaio 2019 vi siano in pagamento 652.687 pensioni previdenziali da più di 38 anni, relative a uomini e donne andati in pensione nel lontano 1980 o anche prima. Ora si comprende come gli effetti del passato pesino inevitabilmente su quanti richiedono di poter uscire anzitempo oggi, giacché quelle elargizioni ‘generose’ , si pensi alle baby pensioni, che ancora incidono sulla spesa previdenziale italiana.
    Poi snocciola qualche dato: “Dovrebbe, dice, allora far quantomeno riflettere che la durata delle pensioni erogate dal 1980 o prima sia in media pari a circa 44 anni nel settore privato e 44,4 anni per gli uomini e 43,3 per le donne nel settore pubblico. Considerando che, a oggi, per un 65enne la durata media della prestazione pensionistica (valore attuale medio per maschi e femmine della pensione diretta e di reversibilità) è calcolata a poco più di 19 anni”
    A quando un intervento sui pensionati di lungo corso, magari baby ……. per bilanciare i disagi e non solo sui pensionandi ……..

    1. Ma vi sembra di continuare sulla strada giusta? Secondo voi esempio tipico me stesso per problemi di salute ho dovuto chiudere la mia bottega artigiana dopo aver versato 35 anni di contributi e ad oggi ho 62 anni, solamente perchet ho un piccolo magazzino di 110mq di proprietà ,dove ho lavorato per gli ultimi 22 anni , non mi spetta il reddito di cittadinanza , n’è una pensione devo morire di fame , andare a rubare o ditemi voi?
      Saluti ,Giuseppe Turco Gennaio 27 del 1958.
      PS
      l’INPS con una trombocitemua essenziale, reflusso gastro esofageo 2 operazioni alla colonna vertebrale non mi da oltre il 50%.ed invece ancora oggi c’è chi gode di penzioni false.
      Stendiamo un velo pietoso.

  2. Quando si discute di pensioni anticipate, nessuno prende mai in considerazione la categoria dei docenti, che dovrebbe a tutti gli effetti essere compresa tra quelle dei lavori cosiddetti “usuranti”. Inoltre, alla luce di quanto emerso con il Covid-19, è evidente che la categoria dei docenti rientra tra quelle più esposte ai contagi, e non esiste solo il Covid. Pensate poi agli insegnanti di sostegno, in contatto continuo e necessariamente “ravvicinato” con gli alunni per tutto il tempo scuola. Come si può pensare di costringere questi ultimi a lavorare fino a 67 anni?

    1. Senza contare che esistono anche Docenti Invalidi, per cui non è prevista l’Ape social se l’invalidità non supera o eguaglia il 74 % !!!! Un Docente 62-63enne invalido al 73 o al 60 % è “perfettamente in grado di affrontare un servizio usurante come il nostro o, addirittura il Covid 19”?

    2. Gent. Cesare Damiano,
      capisco che in questo momento sembrano esserci urgenze maggiori, ma vorrei ricordarle che la scala delle urgenze dipende solo dai punti di vista.
      Ad esempio, non le abbiamo più sentito parlare di modifica alle attuali, terrificanti norme per il pensionamento.
      Prima della pandemia, lei aveva avanzato delle proposte che avevano l’unico “torto” di essere sensate ed eque! Aveva affermato che era necessario colmare il dislivello di età pensionistica tra chi era “riuscito” ad usufruire della Quota 100 a 62 anni, con chi, alla scadenza della Quota 100 (!!!), avrebbe dovuto aspettare 67-68 anni (con una iniquità di 5-6 anni di differenza!), attraverso delle norme che consentissero di stabilire un’età pensionabile più RAGIONEVOLE a 62-63 anni ( già abbastanza elevata per chi possiede il ben dell’intelletto!) con un tetto minimo contributivo di 35-36 anni. L’unica pecca della sua proposta era aver suggerito una penalizzazione dell’ 1-2% in meno per ogni anno di “anticipo” rispetto alla Fornero, senza limiti di tempo.
      Mi spiego meglio: secondo me, e tanti altri esasperati in attesa di congedo pensionistico, questa detrazione potrebbe essere accettabile ed EQUA ad una condizione, che sia applicata SOLO fino all’età, in cui il povero derelitto lavoratore avrebbe diritto ad andare in pensione secondo l’obbrobriosa Legge-tortura Fornero, cioè fino ai 67-68 anni, dopo di che l’assegno pensionistico dovrebbe ritornare ad essere magro, ma non magrissimo a vita!
      Coloro i quali strombazzano sempre (non solo in questo periodo!) di difficoltà economiche dei vari Governi a restituire agli anziani e sfruttati lavoratori, quanto versato per tutta una vita di sacrifici e LAVORO in contributi, avrebbero facile gioco a sostenere che non si può modificare la disumana Legge Fornero in questo periodo, ma io farei loro questa obiezione: proprio a causa di questa terribile calamità del Covid 19 sono morti più di 20.000 pensionati. Questi assegni pensionistici non “graveranno “ più sulle spalle di Economisti sazi e spregiudicati, sempre contrari a Riforme favorevoli a chi lavora sul serio e fa andare avanti il Paese non a chiacchiere, come loro!”
      Non solo, questi lavoratori ultra-sessantenni sarebbero gravemente a rischio a continuare a lavorare in un autunno-inverno che si presume già altamente a rischio ripresa del contagio pandemico.
      Vorranno questi Economisti, privi di scrupoli, un’altra sfilata di camion militari carichi di salme?
      E’ ovvio che, se si vuole consentire il pensionamento a questa fascia di lavoratori altamente in pericolo, come i Docenti che devono produrre NECESSARIAMENTE domanda di pensionamento entro il 31 Dicembre, è necessario affrettarsi a legiferare in merito immediatamente o, quella che potrebbe sembrare una questione di secondaria importanza, diventerebbe una condanna a morte per altre decine di migliaia di lavoratori!
      Ho reso l’idea, Onorevole? La GRAVITA’ della questione merita la sua attenzione?
      Adriana Puccio

  3. Ma vi rendete conto che in futuro, 41 anni di contributi non li avrà NESSUNO ?
    I laureati ormai cominciano a lavorare dopo i trenta anni ed i diplomati ,con tanti lavoricchi in NERO, sono messi anche peggio.
    Qui mi pare che ognuno pensi al proprio orticello e poi…..”apres moi le deluge”, diceva un tale.

  4. Tanto non faranno niente ne per la quota 41 ne per altre categorie.. Agevoleranno solo chi ha lavorato meno vedi reddito di cittadinanza che dovevano proporgli 3 posti di lavoro oggi abbiamo bisogno di persone nelle campagne per raccolti ma nessuno con il reddito di cittadinanza viene chiamato a questo punto speriamo facciano qualcosa di assistenziale per tutti così chi vuole lavorare lavora chi no sta a casa.. Il problema che i soldi dove li prenderanno.. Auguri italiani..

  5. Si insiste per Q41 per i precoci (coloro che a 19 anni abbiano almeno 12 mesi di contributi) . Ma che senso ha concedere la Q41 a chi ha iniziato a 18 anni e non concederla a chi ha iniziato 6 mesi dopo ? La Q41 deve essere per tutti indipendentemente dall’eta’ .

    1. Sì io penso che andare in pensione a quota 41 anni di contributi per tutti sia la cosa migliore. Anzi proporrei l’opzione quota 41 0 42 di anni di contributo per gli enti locali e i dipendenti pubblici.

  6. Damiano …. Lei insieme ad altri …. aveva fatto una proposta ddl 857… salvo errori ….. di buon senso …… e in tempo utile …… poi i suoi “compagni” renz….il ….zaro, poi senatore semplice ….. già pd con le primarie ….. e il gentilone …… ben si sono guardati di portarlo in discussione in parlamento ….. poi m5s e Salvini hanno fatto per tre anni quota 100 …… ma non come pensava Lei. Da come l’hanno fatta, sembra più un privilegio che un diritto.
    Se hai 62 anni e 38 anni di contributi (legge bisex) fino al 2021 PUOI ANDARE IN PENSIONE
    Se hai 59 60 61 e 40-41-42 anni di contributi e sei uomo devi fare nei fatti 43 ANNI DI CONTRIBUTI.
    Quando ho iniziato io a lavorare le regole erano 35 anni di contributi minimi oppure 40 massimi (erano gli anni 77-78-79) del 1900….Premesso che i primi 14/18 mesi di contributi non esistono e pur avendo testimoni non posso recuperare nulla (non ho alcun documento che dimostri che lavoravo …. peraltro una legge – ossimoro come posso avere documenti in chiaro quando venivo sottopagato, in ritardo, in contanti e quindi in nero … in ogni caso ho due anni di contributi prima dei 19 anni di età, ma ora sono impiegato quindi non “usurato”…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna su