Riforma pensioni 2020, l’editoriale di Ghiselli: Quota 100 lascia inalterata la Fornero

Quota 100 ha lasciato del tutto inalterata la Legge Fornero e rappresenta esclusivamente un’ opportunità che si offre, fino al 2021, a qualche decina di migliaia di persone di andare in pensione anticipatamente rispetto alla regola generale, quella dei 67 anni, che comunque continua a vivere.

Saranno infatti circa 160.000 le domande accolte con decorrenza 2019, e non le irreali cifre che si preventivavano e che ancora qualcuno fa circolare. Anche se Quota 100 diventasse strutturale, i veri nodi negativi della Riforma Fornero non verrebbero intaccati.

L’attuale sistema condanna tanta gente ad una prospettiva previdenziale che supera 70 anni d’età

Infatti qualunque ipotesi che preveda la possibilità di accedere alla pensione con un numero così alto di contributi, in questo caso 38 anni, automaticamente condanna tanta gente ad una prospettiva previdenziale che supererà i 70 anni di età.

E stiamo parlando delle donne, di interi settori come il terziario, l’edilizia, l’agricoltura, i servizi alle persone, dei dipendenti delle piccole imprese e di cittadini di intere regioni del Paese. Ma soprattutto parliamo dei giovani, che solo in minima parte arriveranno a quei livelli di contribuzione.

Riforma Pensioni 2020: il requisito contributivo non deve superare i 20 anni

Qualunque ipotesi di uscita anticipata deve vedere un requisito contributivo che non superi i 20 anni e che vengano valorizzati previdenzialmente i periodi di lavoro discontinuo, povero, gravoso o di cura. Solo in questo modo si può parlare alla reale platea del mondo del lavoro, quella di oggi è ancor più quella di domani.

Sul fronte opposto, Quota 100 non risolve neanche il problema dei lavoratori precoci che, per quanto tendenzialmente in calo numericamente, con l’attuale normativa andranno in pensione con oltre 44 anni di lavoro. E questo ripropone con forza il tema dei 41 anni senza vincolo di età..

Riforma pensioni: si va verso contributivo, basta vincoli

Con il sistema di calcolo contributivo ormai prevalente, è sempre più sbagliato parlare di vincoli anagrafici e contributivi al pensionamento, naturalmente entro certi limiti.

Se una persona percepirà una pensione commisurata a quanto versa, lasciamola libera di decidere come gestire la sua vita e quando andare in pensione: questa si chiama flessibilità in uscita, che la riforma Dini già prevedeva nel lontano 1995.

7 commenti su “Riforma pensioni 2020, l’editoriale di Ghiselli: Quota 100 lascia inalterata la Fornero”

  1. Condivido il sempre perfetto Claudio Maria Perfetto…ha ragionissimo. Anch io da giovane non ho mai pensato alla pensione. Ai giovani interessa lavorare, avere un lavoro che permette di poter pensare a se stessi e a creare una famiglia se si vuole. E quindi è vero…non sappiamo cosa faremo domani, da qui a 30 anni poi…in un anno già vogliono smontare la quota 100…ma per favore, parlate di pensioni ma non utilizzando come scuse le pensioni dei giovani che è chiaro, se iniziano a lavorare a 35 40 anni e non a 15 come me, andranno in pensione a 70 anni e questo grazie a padri benpensanti, sindacalisti, politici che fanno di tutto per allungare i tempi delle nostre pensioni e non si liberano i posti di lavoro per loro.

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  2. Continua a meravigliarmi la DISINFORMAZIONE diffusa sulle pensioni dalla CGIL (Camusso, Landini e ora Ghiselli, che è il responsabile del Welfare della CGIL, ai quali ho scritto molte volte e agli ultimi due fatto anche omaggio del mio saggio sulle pensioni ed altro). Citare soltanto la Riforma Fornero e poi menzionare i 67 anni (come ha fatto qualche giorno fa anche Alberto Brambilla) è un grave errore o una scorrettezza, a seconda se è dovuto a ignoranza delle norme o a malafede. Perché i 67 anni dall’1.1.2019 sono opera della ben più severa Riforma SACCONI (DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12; DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18; e DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23). Contro la quale la CGIL fu l’unico sindacato ad opporsi nel 2010 e 2011, e perciò avrebbe tutto l’interesse ad attribuire correttamente la paternità delle norme pensionistiche.

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    • Sig. Vincesko, i suoi commenti rivelano che lei è un profondo conoscitore delle varie riforme pensionistiche che si sono succedute negli anni, e riesce a cogliere alcuni aspetti che a molti sfuggono.
      Data la sua esperienza teorica (non so se anche pratica) in materia pensionistica, sarei proprio curioso di sapere se lei si è fatta una sua opinione su come andrebbe sviluppata la futura Riforma pensionistica (giusto a grandi linee).
      Potrebbe descriverci la SUA Riforma pensionistica e, soprattutto, COME la finanzierebbe?

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  3. Sindacalisti e Professori si danno un gran da fare nel pensare al futuro pensionistico dei giovani, mentre so per certo che a nessun giovane interessa il proprio futuro pensionistico. Ne sono certo perchè nemmeno io quando avevo trent’anni ho mai pensato alla pensione.
    Cos’è che spinge Sindacalisti e Professori ad avere così a cuore il futuro dei giovani? Da qui a 30 anni, poi!
    Signori Sindacalisti, Signori Professori, è al presente che bisogna pensare: occorre pensare a chi aspira ad andare in pensione oggi, e non a chi nemmeno spera di andarci domani; occorre pensare a chi spera di ottenere un lavoro oggi, e non a chi aspira a lasciarlo domani.

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  4. Ho 33 anni di servizio,lavoro in Ospedale pubblico e 58ª di età chiedo gentilmente togliendomi quota ª che età potrei uscire in pensione..il prima possibile intendo?

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  5. Continua a meravigliarmi moltissimo la DISINFORMAZIONE diffusa sulle pensioni dalla CGIL (Camusso, Landini e ora Ghiselli, che è il responsabile del Welfare della CGIL, ai quali ho scritto molte volte e agli ultimi due fatto anche omaggio del mio saggio sulle pensioni ed altro LE TRE PIU’ GRANDI BUFALE DEL XXI SECOLO). Citare soltanto la Riforma Fornero e poi menzionare i 67 anni è un gravissimo errore o scorrettezza, a seconda se è dovuto a ignoranza delle norme o a malafede. Perché i 67 anni dall’1.1.2019 sono opera della ben più severa Riforma SACCONI (DL 78/2010, L. 122/2010, art. 12; DL 98/2011, L. 111/2011, art. 18; e DL 138/2011, L. 148/2011, art. 1, commi da 20 a 23). Contro cui la CGIL fu l’unico sindacato ad opporsi nel 2010 e 2011, e perciò avrebbe tutto l’interesse ad attribuire correttamente la paternità delle norme pensionistiche.

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