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Riforma Pensioni 2020 ultime: confronto Fornero-Tridico su quota 41 e quota 100

Nelll’ultima puntata di Di Martedì, trasmissione televisiva su la 7 condotta da Giovanni Floris, si è dedicato molto tempo al tema delle pensioni e dei pensionati, con l’intervento del Presidente dell’INPS Pasquale Tridico, quello dell’ex Ministro Elsa Fornero e le parole del giornalista di Repubblica Sergio Rizzo. Si è parlato anche di quota 100 e di cosa accadrà alla sua scadenza, con Tridico che non è convinto di quota 41 perchè troppo rigida.

Ultime novità Riforma Pensioni 2020: Tridico su quota 100 e quota 41

Il conduttore Giovanni Floris ha chiesto subito al Presidente dell’INPS Pasquale Tridico, cosa succederà dopo quota 100.Si parla di nuove riforme e di quota 41, cosa ne pensa il presidente? Tridico spiega: “Abbiamo due anni di tempo per pensare ad una riforma strutturale. Ci sono due commissioni annunciate dal ministro del Welfare, una sui lavori gravosi e una su separazione tra assistenza e previdenza. A mio avviso si può pensare con le parti sociali ad un indice di gravosità, ad una flessibilità molto spinta. Quota 41 è un punto di partenza ma rimane molto rigida come requisiti. Bisogna vedere che lavoro si è fatto, attribuire un indice, un coefficiente e vedere che pensione può avere anche a 62 anni.

La Fornero risponde sull’argomento di quota 41 e quota 100 in collegamento da Torino: “Penso che le cose che il presidente Tridico dice sono anche buone, ma il problema è dove troviamo i soldi? Vogliamo creare un Italia di pensionati, di assistiti, di non più giovani visto che i giovani vanno all’estero? Non possiamo permettercelo. Ieri ero a Roma ad un convegno sulle pensioni e mi è stato ricordato da un collega svedese che la durata media della vita lavorativa degli italiani è 32 anni, quella di uno svedese è quasi 43. Aggiungo che in Svezia pagano un aliquota contributiva del 23%, noi del 33% e non ci basta perchè lo stato deve comunque prendere soldi e metterli nelle pensioni“. Insomma, per la Fornero non vi sono risorse per modificare la Riforma Pensionistica.

Riforma Pensioni 2020 ultime oggi su quota 100, Rizzo: ‘E’ un disastro’

Sergio Rizzo di Repubblica, ospite in studio da Floris non ci va leggero commentando la quota 100 voluta dal governo Gialloverde: “Noi stiamo togliendo il futuro ai nostri figli e ai nostri nipoti, la quota 100 è un disastro perchè è per tutti non soltanto per chi ha fatto lavori usuranti o faticosi e ha diritto ad andare via prima dal mondo del lavoro, vanno via gli statali che è una cosa che non ha nessun senso”.

Fornero poi prova a spiegare il problema principale a suo dire: “Noi abbiamo sempre questa lunga transizione dal metodo retributivo, che ha creato tanti guai, quando avremo la pensione contributiva il minimo di contribuzione sarà 5 anni”.

Infine Tridico fa la sua proposta che porta avanti da tempo: “Io propongo un fondo integrativo pensionistico pubblico, gestito dall’Inps che permette l’investimento nel paese, garanzia dei rendimenti importanti e questo permetterebbe di contribuire al raggiungimento di quei requisiti che ti mancano. Avendo un fondo integrativo pensionistico pubblico potrebbe raggiungere prima i requisiti”. Per chi volesse vedere il video integrale della trasmissione, eccolo di seguito!

14 commenti su “Riforma Pensioni 2020 ultime: confronto Fornero-Tridico su quota 41 e quota 100

  1. Sulle pensioni dei lavoratori dipendenti ormai pontificano non solo i beneswtanti ma, anche i quasi nullafacenti con stipendi davvero GRASSI.
    Si sono mai chiesti questi signorotti cosa vuol dire fare un lavoro che non concede alcuna forma di soddisfazione nè economica nè personale ?
    Piacerebbe anche a me insegnare economia all’università, anzichè agli istituti tecnici ed avere alunni interessatissimi alla lezione, perchè devono poi affrontare un VERO ESAME e non le pseudo interrogazioni che sono costretto a fare io che, devo promuovere anche i banchi,le sedie, la lavagna e le lampade al neon. (per una miseria di stipendio)

  2. Nessuno di questi grandi economisti e giornalisti, ora anche Rizzo, contrari a Q 100 si pone una semplice domanda : perché i lavoratori vogliono lasciare prima del tempo (67 anni della Legge Fornero) il lavoro? Quali le cause? Diano una risposta a tutti i lavoratori. Purtroppo negli ultimi anni le condizioni lavorative sono peggiorate in tutti i campi. Perché non trattano questo argomento prima di affermare il NO netto a Q 100? Come mai quasi tutti i giornalisti nei loro programmi TV non pongono domande inerenti le difficoltà lavorative, le malattie correlate e le conseguenze fisiche e mentali?Quota 100 è una finestra di uscita dal lavoro che per la prima volta va incontro alle esigenze di chi ha già lavorato molti anni. Continuo a pensare che il Partito Trasversale dei Benestanti non si pone i problemi reali dei lavoratori. Andassero loro ad insegnare in classi di 30 alunni fino a 67 anni.

    1. Ha ragione signor Giuseppe.
      Mia moglie è andata in pensione a settembre scorso con anticipo precoci, assieme a due colleghe con quota 100. E’ un asilo nido (15 educatrici e 10 personale di appoggio) e l’amministrazione (società partecipata dal Comune) ne ha approfittato per riorganizzare orari e servizi obbligando chi è rimasto a orari impossibili, come lo spezzato con quattro ore di stacco e turni faticosi in ogni altro caso, senza contare che spesso la lavoratrice interinale viene dirottata come “aiuto in cucina” senza avere nessuna qualifica in tal senso!
      Ovviamente il personale mancante non è stato rimpiazzato, per ora hanno una persona con contratto interinale che chiamano quando il numero di bambini supera la soglia permessa nel rapporto educatori/bambini.
      Le colleghe rimaste si stanno disperando e ovviamente non vede l’ora di uscire.

  3. La prof.ssa Fornero ci riporta che, durante un convegno sulle pensioni, una sua collega svedese le ha ricordato che la vita lavorativa degli italiani è 32 anni, quella di uno svedese è quasi 43.
    In molti campi si fa spesso riferimento alle cosiddette “best practice”, che sono delle “pratiche” (prassi), dei modi di operare, processi e procedure che in base all’esperienza di molti permettono di ottenere i migliori risultati per il conseguimento di determinati obiettivi.
    Anche io nel mio settore faccio riferimento alle best practice.
    Mi capita spesso di affrontare i problemi delle aziende in campo informatico. Ho smesso di proporre alle aziende l’applicazione delle best practice.
    Mi sono reso conto che prima di utilizzare le “best” (migliori) pratiche è bene usare le “good” (buone) pratiche, che sotto il profilo tecnologico e organizzativo richiedono un minore impegno di risorse. Ma ho dovuto, in alcuni casi, rinunciare a proporre anche le good practice. Prima di poter utilizzare una good practice occorre codificare una “practice”. In alcune aziende le attività gestionali (come la gestione delle modifiche ai programmi o la gestione degli incidenti) vengono svolte in base alla propria esperienza personale, senza seguire una procedura codificata o un protocollo formalizzato che potrebbe porre al riparo da eventuali errori.
    Le aziende sono diverse tra loro per la dimensione, per le tecnologie utilizzate, per l’organizzazione dei processi, per le procedure seguite, per le risorse impiegate, per le conoscenze acquisite. Ci sono aziende che possono utilizzare le best practice, quelle che possono utilizzare le good practice, quelle che devono ancora codificare una practice. Ciò che un’azienda può fare non è detto che lo possa fare anche un’altra azienda con caratteristiche differenti, pur operando nello stesso settore di business.
    Come per le aziende così per le nazioni: ogni nazione è differente dall’altra. l’Italia è differente dalla Svezia. Forse la Svezia ha delle best practice che permettono ai suoi cittadini di lavorare 43 anni senza problemi, perché ha un’assistenza sanitaria con standard elevati, un sistema sociale equo, un tasso di disoccupazione del 6,6%, un debito pubblico del 38,8%. L’Italia, invece, ha un’assistenza sanitaria con standard inferiori (per le lunghe code di attesa la paghiamo due volte: allo Stato e al privato), un sistema sociale non proprio equo, un tasso di disoccupazione del 10,5%, un debito pubblico del 136%.
    Prof.ssa Fornero, prima di andare a vedere le best practice svedesi che permettono all’uomo di lavorare 43 anni, occorre costruire una buona “good practice” italiana che permetta all’uomo di poter lavorare almeno 32 anni.

    1. Sig.Perfetto ( di nome e di fatto, ricorda?) mentre scrivo ascolto la 7 con intervista dii Formigli a Boeri. Cosa emerge sinteticamente? Boeri sostiene la centralità della scuola..insegnanti poco motivati..scuole del sud poco efficienti…Perché la prof.Fornero non analizza un confronto tra la scuola svedese e quella italiana? Perché non parlano delle condizioni ambientali e lavorative tra i due paesi? Sig. Claudio le offro uno spunto alle sue approfondite argomentazioni. Mi sento di dire che Giletti rimane un giornalista serio che offre la possibilità di confronto tra i lavoratori e politici. Personalmente la candiderei in quella trasmissione a rappresentare le istanze di molti lavoratori contro le teorie dei Benestanti.

      1. Sig. Giuseppe, anch’io trovo mature le sue riflessioni. Quando la Redazione segnala in basso a destra del proprio sito l’elenco dei lettori che hanno contribuito con un commento, il suo nome è il primo sul quale io clicco sopra.
        La fiducia che lei nutre nelle mie capacità di rappresentare le istanze dei lavoratori in un confronto con le “teorie dei Benestanti” potrebbe anche essere ben riposta (sebbene ci siano già i Sindacati per questo), ma tali mie capacità andrebbero messe alla prova dei fatti (ancor prima di affrontare un contraddittorio).
        Ma qui il gioco si fa davvero grande. Ci sono le istanze dei pensionati, quelle dei lavoratori e quelle dei giovani da portare avanti, e vanno portate avanti tutte insieme. È necessario affrontare tutte insieme, e non separatamente, la Riforma Pensioni, la Riforma del Lavoro e il Ricambio Generazionale. Riesco, sig. Giuseppe, a trasmetterle la portata delle azioni da mettere in campo? Ancorché esistesse un’idea unificatrice in grado di trovare soluzioni a tutte e tre le tematiche, chi mai potrà avere la capacità e, soprattutto, la forza di realizzare quella idea unificatrice?
        Non basta avere idee che funzionino. Occorre che queste idee trovino anche chi le faccia funzionare. E qui entrano in gioco anche gli esperti di comunicazione, gli “spin doctor”, sapienti cultori di un linguaggio capace di arrivare al cuore di tutti con quella carica emotiva in grado di trasformare le parole in prospettive.
        I gladiatori della Roma Antica si formavano nell’arena di Capua (mia città di origine) prima di misurarsi nel Colosseo. E lei vorrebbe, sig. Giuseppe, che io scendessi nel colosseo di Giletti senza avere un’adeguata preparazione a sostenere un contraddittorio? In questo, devo riconoscere, le Sardine hanno forse più coraggio di me nel presentarsi in TV; quel coraggio che nasce dal non aver timore di difendere un’idea che non hanno. La mia idea, invece, non richiede che io sia coraggioso, non mi richiede di presentarmi in TV. La mia idea sa ben difendersi da sé.
        Vedremo, sig. Giuseppe. Vedremo.

        1. Sig. Perfetto sono convinto come Lei che è necessario affrontare le tematiche delle pensioni, del lavoro e del ricambio generazionale tutte insieme. Ritengo molto interessante il concetto dell’idea unificatrice, però mi creda Lei possiede tutte le capacità ( e dentro di sé lo sa)per affrontare confronti e dibattiti inerenti tutti questi argomenti. Non la lascerei solo mi offrirei come spalla. Se ricordo bene in un altro commento lei aveva parlato di ” maratoneta e velocista” : bene Lei maratoneta io velocista.
          Per quanto riguarda i sindacati per molti aspetti sono una delusione. Sono iscritto al sindacato ed ho dato del mio meglio per circa un decennio ma rimane un impresa ardua scardinare dei concetti, per alcuni versi superati, e promuovere nuove idee. Un vero cambiamento dovrebbe interessare anche i sindacati.
          Certamente rimarrebbe, come Lei sostiene, un’impresa “realizzare l’idea unificatrice”.

    2. Ottimo intervento!
      Ricordo in aggiunta a quanto da Lei detto, che le “best practice” in Francia prevedono l’uscita a 62 anni e 35 di contributi e stanno facendo scioperi durissimi contro il governo che vorrebbe alzare i requisiti a 63 anni (con sempre 35 di contributi).

      1. mentre per le lunghe carriere sempre in Francia ho letto non specificò dove perché potrebbe non essere vero tra i 56 e i 60 anni a seconda di una età anagrafica oppure di versamenti

        1. be non sono molto bravo a scrivere non era chiaro che metodo usino per calcolare il giusto compromesso tra età e contributi ma se fosse comunque vero qua in Italia non va più nessuno a56 anni bene che ti vada avendo cominciato a14 esatti e non aver perso nessun periodo contributivo vai a 56.10 rinunciando alla finestra

      2. Sig. Salvatore, le sue parole sugli ultimi avvenimenti in Francia mi hanno riportato alla mente la frase di un personaggio di un film che ora è ampiamente diffusa sul web: “Non sono i popoli a dover temere i propri governi, ma i governi a temere i propri popoli”. Da noi c’è una certa acquiescenza, remissività nei confronti dei nostri governanti, politici, rappresentanti. Ci sentiamo “presi in giro”, illusi, per finire poi con l’esser delusi. E di chi è la colpa di tutto ciò? Anche qui quel personaggio del film suggerisce come arrivare a scoprire il “colpevole”: “non c’è che da guardarsi allo specchio”.

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