Riforma pensioni 2024-25, ultime: Il Dott Perfetto risponde al Prof Cazzola

Innanzitutto desideriamo ringraziare il Prof. Giuliano Cazzola per avere preso visione della Proposta di Riforma Previdenziale flessibile e strutturale avanzata da Perfetto, Armiliato e Gibbin, e per averci esposto alcuni aspetti della Proposta che non lo convincono.

Gli aspetti che non convincono il Prof. Cazzola riguardano l’efficacia della tassazione robotica in merito all’occupazione, in quanto egli ritiene che:

  1. La tassazione degli investimenti in nuove tecnologie crea difficoltà all’incremento della produttività, danneggia la competitività delle imprese, rallenta i processi di innovazione al solo scopo di difendere l’occupazione non qualificata
  2. Tassare robot per difendere un’occupazione che si difenderà da sola non sembra essere una scelta felice, ma una difficoltà in più. Non si possono più fare ragionamenti riguardanti il mercato del lavoro e il sistema di welfare senza tener conto dell’emergenza demografica: un aspetto che sembra non sia stato affrontato nella Proposta. La denatalità è il problema che rende difficile investire perché non si trova il personale adatto; è quindi sarà sempre di più un ostacolo alla crescita  

Abbiamo sintetizzato le obiezioni 1 e 2 del Prof. Cazzola, riprendendo le sue parole dall’intervista della Dott.ssa Venditti, e confidiamo di essere riusciti a mantenere intatto il pensiero del Prof. Cazzola.

Riforma pensioni 2024/2025: risposta alla prima obiezione del Prof Cazzola

Sul fatto che la tassazione degli investimenti in nuove tecnologie possa danneggiare la competitività delle aziende e portare al rallentamento dei processi di innovazione si è molto discusso sin dal 2017, e si continua a discutere ancora oggi. Ci sono, come sempre accade in un confronto, posizioni a favore della tassazione robotica e posizioni a sfavore della tassazione robotica.  

Noi ci domandiamo:

  • In che modo, tassando il robot cameriere, si danneggia la competitività di un ristoratore rispetto ad un altro ristoratore che impiega camerieri umani? Non tassando il robot cameriere si darebbe al ristoratore che impiega solo robot un vantaggio competitivo sui ristoratori che impiegano camerieri umani. E quindi si danneggia il ristoratore che impiega camerieri umani in luogo di camerieri robot. Pertanto, la tassazione sui robot porterebbe ad un reciproco vantaggio competitivo: chi ha robot viaggia di pari passo con chi i robot non li ha; e chi non ha robot viaggia verso chi i robot li ha
  • In che modo, tassando il robot postino, si rallenta il processo di innovazione di Poste italiane? Magari la tassazione robotica risulterebbe utile a “rallentare” il processo di innovazione anche di altri distributori per consentire a Poste Italiane di recuperare terreno nell’innovazione (proprio come è stato detto al punto precedente riguardo ai camerieri robot)

Noi siamo favorevoli nell’impiegare robot camerieri e robot postini, non ci poniamo affatto l’obiettivo di difendere l’occupazione non qualificata.    

Ma ci domandiamo anche: perché mai un robot cameriere e un robot postino, che eseguono le stesse funzioni di un cameriere umano e di un postino umano, con lo stesso grado di autonomia, non debbano pagare le tasse come le pagano il cameriere umano e il postino umano? Magari con aliquote differenti.

Perfetto: La nostra Proposta pensioni pone al centro dell’attenzione il versamento dei contributi

La nostra Proposta verte sulle pensioni, e le pensioni, come ben sappiamo, vengono finanziate con i contributi che i lavoratori attivi versano alla Previdenza. Ma, quando si interviene con la decontribuzione, le pensioni dei lavoratori attivi vengono finanziate tramite la cosiddetta “fiscalizzazione degli oneri sociali”, ovvero, i contributi dei lavoratori attivi vengono versati attingendo alla fiscalità generale, a spese quindi dell’Assistenza. In altre parole, per pagare le pensioni ai pensionati, oltre che attingere alla Previdenza, si attinge anche a risorse che andrebbero destinate all’Assistenza. L’Assistenza finanzia la Previdenza. Separare quindi l’Assistenza dalla Previdenza significherebbe non poter mandare più in pensione i lavoratori. Evidentemente, è più facile reperire risorse dalla fiscalità generale che creare posti di lavoro.

Prima di proseguire, vale davvero la pena chiarire una volta per tutte, soprattutto per quei lavoratori che insistono nell’invocare la separazione della Previdenza dall’Assistenza, di cosa si parla quando si parla di “decontribuzione”.

Vale la pena riportare quanto nel suo libro dal titolo “Le riforme dimezzate. Perché lavoro e pensioni non ammettono ritorni al passato” (2018) scrive Marco Leonardi, Professore ordinario di Economia Politica all’università Statale di Milano e già consigliere economico della presidenza del Consiglio nei governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni: “La decontribuzione all’inizio non fu avversata, anche se dovemmo convincere molte persone, soprattutto sui social, che il lavoratore non perdeva la copertura pensionistica perché i contributi erano coperti dallo Stato (erano, come si dice, fiscalizzati)(pag. 22).  

La decontribuzione spinge in alto i salari, come scrive il Prof. Marco Leonardi su Il Sole 24ore nel 2017. Questo è vero. Ma, dopo che il 7 marzo 2015 entrò in vigore il Jobs Act (riguardante il “contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”) in cui si applica la decontribuzione a favore dei datori di lavoro, proprio a proposito della decontribuzione si sollevò nel 2016 l’allarme della Corte dei Conti.

Quindi, la nostra Proposta pone al centro dell’attenzione il versamento dei contributi. Non insistiamo sul fatto che la prima cosa da fare è recuperare risorse dall’evasione contributiva. Questo è talmente ovvio che non vale la pena di spendere più parole di quanto abbiamo già speso.

Quando parliamo di contributi, ci riferiamo anche ai contributi previdenziali figurativi. Nei casi di disoccupazione, cassa integrazione, malattia, il datore di lavoro è sollevato dall’obbligo di versare i relativi contributi previdenziali, e di ciò se ne fa carico l’INPS, per garantire il diritto alla pensione (vedi Premessa del documento INPS).

Nell’ultima pagina del documento INPS, invece, sempre in riferimento ai contributi figurativi si legge:

I contributi figurativi sono validi a tutti gli effetti sia per raggiungere il diritto alla pensione sia per calcolarne l’importo. Tuttavia, in determinate ipotesi i contributi figurativi “contano” meno. Per raggiungere il diritto alla pensione di anzianità non si possono considerare i contributi figurativi per la disoccupazione e per la malattia.

Ecco allora il punto della nostra Proposta in merito ai contributi previdenziali figurativi:

Ad oggi, per il perfezionamento del requisito dei 35 anni di contribuzione effettiva viene esclusa la contribuzione figurativa per disoccupazione o equiparati (ad es. NASpI, ASpI, mini-ASpI,).

La nostra Proposta Previdenziale prevede che per il perfezionamento del requisito dei 35 anni di contribuzione venga inclusa la contribuzione figurativa per disoccupazione o equiparati (NASpI, ASpI, mini-ASpI).” (paragrafo 7.7, Opzione Donna, pag. 28).

Il riferimento alla contribuzione figurativa viene riportato nel paragrafo di Opzione Donna ma è sottinteso che si applica in tutti i casi di disoccupazione, e sia per raggiungere il diritto alla pensione di anzianità, sia per tutte le altre forme di pensionamento previste dalla nostra Proposta.         

Ed è qui che entra in gioco l’IRAUT, la tassazione sull’automazione: robot e macchine intelligenti che eseguono lavori in autonomia ed equiparabili al lavoro umano vanno assoggettati al versamento di imposte a fini contributivi di natura previdenziale.

È stata approvata a livello europeo la Imposta sui Servizi Digitali. Tale imposta “trova la sua ratio non nella necessità di adottare un meccanismo correttivo (e temporaneo) al mancato pagamento delle imposte sui redditi dei contribuenti interessati, quanto piuttosto nella volontà di attrarre a tassazione l’estrazione di valore dal territorio dello Stato che avviene attraverso l’immagazzinamento, la lavorazione e lo sfruttamento dei dati che gli utilizzatori mettono a disposizione sul web in cambio di servizi digitali teoricamente gratuiti”.

Cosa impedisce ora di estendere l’Imposta Digitale dai Servizi Digitali ai “lavoratori digitali” (intesi come tali i Robot e l’AI, e non i lavoratori che operano su piattaforme digitali)? La nostra “ratio” è di adottare un meccanismo correttivo e permanente al mancato versamento dei contributi previdenziali a seguito di minore impiego di manodopera umana, con la volontà di attrarre a tassazione una parte dei maggiori profitti che le imprese realizzano grazie alla maggiore produttività degli automi a scapito di una maggiore spesa sociale per far fronte a periodi di disoccupazione, cassa integrazione, lavoro intermittente che i lavoratori e le lavoratrici si troveranno ad attraversare a causa del rapido diffondersi dell’automazione.

Nell’articolo di domani il Dott. Perfetto risponderà alla seconda obiezione del Prof Cazzola e nello specifico puntetà l’attenzione su questo concetto: “L’intera nostra Proposta poggia sul dare soluzione alla denatalità. Se il tasso di natalità fosse stato, oggi, lo stesso di quello degli anni Settanta, la nostra Proposta non sarebbe mai nata“.

Vi aspettiamo nella sezione commenti del sito per eventuali ulteriori richieste di chiarimento  

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36 commenti su “Riforma pensioni 2024-25, ultime: Il Dott Perfetto risponde al Prof Cazzola

  1. Rispondo in seduta plenaria al commento del sig. Attilio in data 16 Aprile 2024 alle 17:07, perché ritengo che le domande che il sig. Attilio mi rivolge possano essere di interesse generale.

    Sig. Attilio, premetto che non ho visibilità su come il Governo redige la Legge di Bilancio.

    Le posso solo dire, sulla base delle mie conoscenze, in che modo, io penso, il Governo possa agire per redigere la Legge di Bilancio.

    SUA DOMANDA 1: iI che modo l’assistenza finanzia la previdenza?

    MIA RISPOSTA 1:

    Per poter rispondere devo prima fare una premessa per chiarire alcuni concetti.

    Riprendiamo l’osservazione che fa il Prof. Marco Leonardi riportata nell’articolo di cui sopra “il lavoratore non perdeva la copertura pensionistica perché i contributi erano coperti dallo Stato (erano, come si dice, fiscalizzati)”

    I contributi previdenziali fanno parte dei cosiddetti “oneri sociali”. Quando il Prof. Leonardi afferma che i contributi vengono coperti dallo Stato, ovvero vengono “fiscalizzati”, si sta riferendo alla “fiscalizzazione degli oneri sociali”, che è un termine del diritto tributario e sta ad indicare il meccanismo mediante il quale lo Stato provvede a ridurre le aliquote contributive a carico del datore di lavoro, o del lavoratore, allo scopo di contenere il costo del lavoro (nella mia RISPOSTA 3 chiarirò in che modo si intenda contenere il costo del lavoro).

    Nel documento della Corte dei Conti (al quale è possibile accedere cliccando sul link riportato nell’articolo di cui sopra alla voce “Corte dei Conti”) al Capitolo 6 dal titolo “Le contribuzioni” a pag. 46 è scritto: “il mancato introito di risorse proprie per effetto della decontribuzione richiederebbe un ulteriore incremento di trasferimenti dal settore pubblico la cui provvista ricadrebbe sulla fiscalità generale”.

    Ora, uno più uno fa due, ovvero: 1) il Prof. Leonardi afferma che i contributi vengono fiscalizzati; 2) la Corte dei Conti afferma che la decontribuzione grava sulla fiscalità generale; 3) tramite la decontribuzione i contributi vengono fiscalizzati e quindi gravano sulla fiscalità generale.

    I contributi vanno coperti con “risorse proprie” (per usare lo stesso termine che usa la Corte dei Conti), ovvero con i versamenti provenienti dal lavoro, e non con i versamenti provenienti dalla fiscalità generale.

    Con la fiscalità generale si coprono l’assistenza (ovvero pensioni assistenziali come le pensioni ai non vedenti e agli invalidi civili, assegni sociali ai cittadini sprovvisti di reddito o con reddito insufficiente, le indennità di accompagnamento, il reddito di cittadinanza), i servizi sanitari, le scuole, la sicurezza.

    Ora rispondo alla sua domanda, sig. Attilio.

    Quando affermo che l’assistenza finanzia la previdenza, intendo dire che una parte delle risorse proveniente dalla fiscalità generale (che dovrebbe essere destinata ad aumentare le pensioni minime, oppure le indennità di accompagnamento) non è disponibile, in quanto viene assorbita per colmare il vuoto contributivo che viene a crearsi con la decontribuzione. Ma prima di toccare l’assistenza, il Governo provvede a togliere risorse ad altre voci di spesa finanziate con la fiscalità generale, per esempio riducendo il numero di persone che possono accedere al reddito di cittadinanza. Se ciò non è sufficiente, si riducono le spese per le prestazioni sanitarie (per esempio istituendo i pronto soccorso a pagamento), oppure si riducono le spese per le scuole (per esempio accorpando le classi in modo da non dover ricorrere a più insegnanti).

    Per la prossima Legge di Bilancio si stima che per prorogare la decontribuzione tramite il taglio del cuneo fiscale contributivo a favore del lavoratore occorreranno 10 miliardi di euro. Con una cifra così ingente, l’aumento delle pensioni minime a mille euro sembra irrealizzabile. Questo è ciò che io intendo quando dico che l’assistenza finanzia la previdenza.

    Ma l’espressione più di carattere più generale e più corretta è la seguente: la fiscalità generale finanzia la previdenza.

    Ma finanziare la previdenza con la fiscalità generale è, a mio avviso, profondamente sbagliato.

    Qualche giorno fa ho inviato una mail alla Ragioneria Generale dello Stato (che è un Dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze), alla Corte dei Conti e all’Ufficio Parlamentare di Bilancio suggerendo loro di non procedere con la proroga della decontribuzione attingendo alla fiscalità generale ma tramite la tassazione robotica.

    SUA DOMANDA 2: Forse i trasferimenti dallo stato sono superiori alle cifre poi erogate per interventi assistenziali?

    MIA RISPOSTA 2: Qualora il Governo non sia in grado di coprire, attraverso le entrate provenienti dalla fiscalità generale, le spese cosiddette “incomprimibili” (assistenza, sanità, istruzione, sicurezza), si trova nella condizione di deficit di bilancio. Per coprire tale deficit di bilancio, il Governo deve chiedere un prestito al pubblico. Il prestito aumenta il debito pubblico.

    Ma aumentare il debito pubblico, a causa delle decontribuzioni, per finanziare le spese incomprimibili, ovvero per finanziare la previdenza aumentando il debito pubblico è, a mio avviso, profondamente sbagliato.

    SUA DOMANDA 3: E se è così perché viene fatto?

    MIA RISPOSTA 3: In pratica lei sta domandando: perché il Governo ricorre al deficit di bilancio?

    Il Governo si finanzia con le imposte dirette (IRPEF, IRES), con le imposte indirette (IVA, bolli sui conti correnti), con le accise (su benzina, gas, energia elettrica, tabacchi, bevande alcoliche). Per evitare il deficit di bilancio il Governo dovrebbe aumentare le “tasse”, per dirla in modo semplice. Se il governo non intende aumentare le tasse, deve ricorre ai prestiti.

    Per quanto riguarda la decontribuzione, il Governo ricorre al taglio del cuneo fiscale contributivo a favore dei datori di lavoro per ridurre il costo del lavoro a carico dei datori di lavoro al fine di incentivare le aziende ad assumere lavoratori, oppure a passare i lavoratori dal contratto a tempo determinato al contratto a tempo indeterminato. Quest’ultimo caso è il caso che è presente nel Jobs Act.

    il Governo ricorre al taglio del cuneo fiscale contributivo a favore dei lavoratori per aumentare il salario dei lavoratori, al fine di aumentare il potere di acquisto che è stato diminuito a causa dell’inflazione.

    Ma io ritengo che sia più opportuno finanziare il taglio del cuneo fiscale contributivo a favore dei lavoratori facendo versare i contributi ai Robot piuttosto che attingere alla fiscalità generale (cosa che, come ho detto prima, ho suggerito alla Ragioneria Generale dello Stato e alla Corte dei Conti).

  2. Prof cazzola le chiedo cortesemente io devo venire dare dimissioni dopo 41anni dal mio lavoro per problemi di salute e quindi pagherò i miei 7mesi finali per andare in pensione le confesso che i contributi costano molto però devo farlo le chiedo con cortesia come mai nessuna agevolazioni spettano grazie buona vita😞😞

    1. Sig.ra Cristina, temo che il Prof. Cazzola non potrà ascoltarla.

      La sua domanda è molto semplice, ma è difficile rispondere.

      Se per lei fa lo stesso, proverò io a rispondere alla sua domanda.

      Il Governo non vuole che i lavoratori vadano in pensione, e quindi non dà agevolazioni.

      Il Governo ha bisogno sempre di più soldi, perché i bisogni dell’Italia aumentano sempre di più.

      Il Governo vuole mantenere i lavoratori più a lungo al lavoro, perché i lavoratori pagano più tasse dei pensionati.

      Il Governo, perciò, ostacola i lavoratori che desiderano andare in pensione.

      Ma se lei ha quasi 41 anni di lavoro ed ha problemi di salute, potrebbe godere di alcune agevolazioni.

      Se non l’ha già fatto, provi a parlare del suo caso ad un Patronato o ad un CAF.

    2. Qualche giorno fa’ ho sentito la dottoressa Saraceno dire che bisognerebbe mandare un po’ prima chi fa lavori usuranti,mi sembra un ottima considerazione.Poi un’ altra cosa,non capisco perché i militari e i poliziotti debbanopensionarsi prima di tutti gli altri.Forse sono più stressati di chi lavora nell’edilizia o negli ospedali.Altra cosa visto che ci sono pochi soldi nelle casse dell’ imps, perché non pensare di mettere un tetto alle mega pensioni come si fa in Germania.Non risolverebbe certo i conti,ma almeno non mi girerebbero i c…quando sento di certe mega pensioni.Saluti Mario.

  3. Rispondo in seduta plenaria alla gentilissima Sig.ra Teodora Moira in quanto ritengo che la mia risposta al suo commento in data 13 Aprile 2024 alle 14:11 possa interessare tutti i lettori di pensionipertutti.

    Gentilissima Sig.ra Teodora Moira, non si rammarichi se non conosce i meccanismi interni della Previdenza.

    Sono forse milioni gli italiani che non sanno che l’Assistenza finanzia la Previdenza!

    Ma “loro” (e sappiamo chi sono), “LORO” sì che lo sanno!

    Il Prof. Cazzola lo dice chiaramente nel suo libro “La guerra dei cinquant’anni. Storia delle riforme e controriforme del sistema pensionistico (Prefazione di Elsa Fornero)”, edito da IBL Libri, 2021.

    – Pagine 18-19: “Allora era presidente dell’INPS Giacinto Militello, designato dalla Cgil (ai vertici del maggiore Istituto previdenziale, per legge, andavano, a rotazione, delle personalità indicate dai sindacati confederali). Militello, insieme al direttore generale Gianni Billia, riuscì a far crescere un’idea che era maturata all’interno dell’Istituto (conosciuta come “operazione bilancio parallelo”, nel senso che, a fianco del documento contabile ufficiale, ne era redatto un altro secondo i criteri della separazione tra previdenza e assistenza) e che ancora oggi continua a circolare tra i luoghi comuni che distorcono il dibattito sulle pensioni. È un escamotage contabile – che ingombra il dibattito e viene persino preso sul serio dai governi – secondo il quale i conti delle pensioni sarebbero in ordine se non dovessero sopportare l’onere dell’assistenza. Era (ed è) vero esattamente il contrario. […] Bisogna sapere che prima che fosse scoperto il “nuovo modo di fare bilancio”, quello dell’Inps era articolato in due grandi comparti: le prestazioni pensionistiche e i trattamenti non pensionistici. Il primo era già in pesante passivo, il secondo no.”

    – Pagina 58: “Nel campo delle politiche sociali i settori della previdenza e dell’assistenza si distinguono sul piano concettuale, per il differente tipo di finanziamento: attraverso il gettito fiscale per l’assistenza, mediante il prelievo contributivo per la previdenza. […] Ormai ovunque, anche nei modelli occupazionali, è rilevante l’intervento dello Stato nella previdenza, allo scopo di garantire le prestazioni laddove non è più sufficiente il prelievo contributivo. Tanto che […] si è molto ridotta la stessa differenza tra tributi e contributi.”

    A questo punto, io credo che, se per mandare in pensione i lavoratori occorre attingere all’assistenza, sarebbe bene che i lavoratori stessi non invocassero a gran voce la necessità di separare la previdenza dall’assistenza.

    Nella Proposta Perfetto-Armiliato-Gibbin viene corretto il meccanismo di finanziamento della previdenza da parte dell’assistenza, in quanto la previdenza viene finanziata con i contributi versati anche dagli automi e non tramite l’assistenza.

    1. Scusi dott.Perfetto , ma in che modo l’assistenza finanzia la previdenza? Forse i trasferimenti dallo stato sono superiori alle cifre poi erogate per interventi assistenziali? E se è così perché viene fatto?

  4. Cazzola, che percepisce circa 9.500 euro mensili dall’ Inps, vorrebbe salire in cattedra e pontificare sul tema… riguardante altri, ovviamente. P.s: mi raccomando, non pubblicate questo commento eversivo…

    1. Sig. Elio, lasci che le faccia questa confidenza.

      Sulla base di una precisa tabella di marcia, abbiamo inviato idee riguardo alla nostra Proposta ai seguenti destinatari:

      – Presidenza del Consiglio dei Ministri
      – Consiglio dei Ministri
      – Ragioneria Generale dello Stato
      – Presidenza della Repubblica Italiana
      – Ministero dell’Università e della Ricerca
      – Ministero dell’Istruzione e del Merito
      – Docenti di economia e di informatica di 6 università italiane
      – Engineering Academy
      – Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per l’Innovazione
      – Agenzia per l’Italia Digitale
      – INPS
      – Sindacati
      – Esperti di Previdenza
      – Corte dei Conti
      – Ufficio Parlamentare di Bilancio

      Abbiamo in programma di contattare ancora:

      – CSI Piemonte
      – CINECA
      – Altre 60 università italiane
      – Stato del Vaticano, nella persona di Padre Paolo Benanti, teologo del Terzo ordine di San Francesco, consigliere di Papa Francesco sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica della tecnologia.

      Ebbene, sig. Elio, o la nostra Proposta eccede la capacità di comprensione dei nostri interlocutori (ma non lo crediamo), oppure intimorisce i nostri interlocutori (cosa molto probabile, perché parla di concetti vecchi in termini nuovi), oppure viene veicolata attraverso vie non proprio aderenti al protocollo (cosa che riteniamo quasi certa).

      Ad oggi, comunque, solo il Prof. Cazzola si è prestato al nostro confronto.

      E per questo, almeno noi, gli siamo profondamente grati.

      1. Spett.le Dott. Perfetto,
        quello da lei scritto sulla tematica pensionistica non fa una grinza e mi trova, per quello che possa valere la mia opinione, d’accordo.
        La saluto cordialmente

      2. Mi permetta un ulteriore inciso inerente Cazzola. Diventa facile essere “presenti” quando un tema così importante non ci tocca personalmente e per tutti gli altri da lei elencati, che potrebbero incidere, la storia parla per loro.
        Cordialmente

  5. Buon pomeriggio! In mancanza di un elevato tasso di natalità e in assenza di un tournover generazionale, come si potrebbero finanziare le pensioni dei futuri pensionandi, se non tassando i robot? Non sapevo che l’Assistenza finanziasse la Previdenza. Chiedo umilmente perdono, per la mia scarsa competenza, in materia di Previdenza. Ringrazio tutti vivamente.

  6. Buonasera! In mancanza di un elevato tasso di natalità e in assenza di un tournover generazionale, come si potrebbero finanziare le pensioni dei futuri pensionandi? Non sapevo che l’ Assistenza finanziasse la Previdenza. Chiedo umilmente perdono, per la mia scarsa competenza, in materia di Previdenza. Ringrazio tutti vivamente.

  7. Buonasera! In mancanza di un elevato tasso di natalità e in assenza di un tournover generazionale, come si potrebbero finanziare le pensioni dei futuri pensionandi?
    Non sapevo che l’ Assistenza finanziasse la Previdenza. Chiedo umilmente perdono, per la mia scarsa competenza, in materia di Previdenza. Ringrazio tutti vivamente.

  8. Rispondo in seduta plenaria al commento del sig. Alex del 12 aprile 2024 alle 14:00, perché le domande che egli pone, e che egli stesso definisce “semiserie”, sono per la verità più-che-serie.

    DOMANDA 1: Se il robot cameriere ha qualche problema tecnico, che fa?

    RISPOSTA 1: Come quando il cameriere umano che si ammala va in malattia, così il cameriere robot che ha un problema tecnico va in manutenzione. Man mano che i robot diventano più evoluti, divenendo androidi con sembianze umane in grado di relazionarsi con gli esseri umani come Jia Jia (https://www.youtube.com/watch?v=fyR5ayOjjyQ), si implementano e si sviluppano anche nuove professioni, progettisti che costruiscono robot dotati di intelligenza artificiale che imparano come eseguire la manutenzione di altri robot.

    DOMANDA 2: Se il robot postino cozza, che fa?

    RISPOSTA 2: Se il robot postino cozza e viene affetto da un problema tecnico, va in manutenzione. Il robot postino è un veicolo a conduzione autonoma e deve innanzitutto ricevere l’autorizzazione di poter circolare in città (https://www.youtube.com/watch?v=zySD-4Q4sBo). Nel caso in cui il robot postino dovesse generare qualche incidente, Raccomandazioni europee propongono “l’istituzione di un regime assicurativo obbligatorio, laddove pertinente e necessario per categorie specifiche di robot, in virtù del quale, come avviene già per le automobili, venga imposto ai produttori e i proprietari dei robot di sottoscrivere una copertura assicurativa per i danni potenzialmente causati dai loro robot”.

    DOMANDA 3: Se cala il lavoro, o se rimane disoccupato, il nostro robot che fa?

    RISPOSTA 3: Se cala il lavoro o se il robot rimane disoccupato, il robot va in “cassa nel magazzino” e i contributi non verranno versati per non peggiorare la situazione economica dell’azienda che evidentemente sta attraversando uno stato di crisi. Qualora i robot divenissero disoccupati, vorrebbe dire che ci sarebbero anche molti umani disoccupati che non sono in grado di consumare. Ci sarebbe la depressione (come quella del 1929). La nostra Proposta mira, attraverso l’applicazione dell’IRAUT, a realizzare, da una parte, l’obiettivo del Ricambio generazionale, tramite il quale si genererebbero nuovi consumi da parte di nuovi lavoratori giovani che manterrebbero occupati i robot e quindi in vita le aziende che li usano e quelle che li producono, allontanando in tal modo lo spettro della depressione economica; dall’altra parte, la nostra Proposta mira a mantenere l’equilibrio tra tasso di occupazione robotica e il tasso di occupazione umana.

  9. La cosa fondamentale è che questa proposta del dott. Perfetto e altri firmatari non arrivi nelle stanze giuste di chi comanda e basta ma che venga recepita al più presto e non tra 10 anni; speriamo in bene; ringrazio chi ha esteso questa proposta; saluti ai gestori del sito

  10. Rispondo in seduta plenaria (per così dire) al commento del sig. Franco Giuseppe, che ha aperto una finestra interessate sul dibattito.

    Se ho bene inteso il commento del sig. Franco Giuseppe riportato in data 12 Aprile 2024 alle 11:38, egli sostiene che anche qualora le aziende dovessero pagare i contributi pensionistici per conto dei robot, godrebbero tuttavia del vantaggio di non dover pagare gli stipendi ai robot.

    Sotto il profilo fiscale, non si gode di alcun vantaggio nel non dover pagare gli stipendi ai lavoratori (e quindi ai robot), in quanto il costo del personale è deducibile dal reddito dell’impresa (IRES).

    A riprova di quanto affermo, riporto la seguente testimonianza: “Secondo l’art. 95 del TUIR, le spese per prestazioni lavorative dei dipendenti sono interamente deducibili dal reddito di impresa, secondo il principio di competenza, comprendendo quindi non solo le componenti principali del costo del personale (retribuzione, oneri sociali, trattamento di fine rapporto) ma anche le erogazioni liberali e in natura definite anche fringe benefits.” (https://www.informazionefiscale.it/costo-personale-dipendente-deducibilita)

    Sotto il profilo contabile, invece, qualche problema nel pagare gli stipendi l’azienda potrebbe effettivamente averlo. Infatti, gli stipendi devono essere pagati per legge entro una data ben precisa (entro il 27 di ogni mese, per esempio), e se l’azienda non ha soldi in “cassa”, dovrà chiedere un prestito alla banca.

    Sotto il profilo contabile, dunque, il fatto di non dover pagare gli stipendi (ai lavoratori o ai robot) è effettivamente un vantaggio.

    Chi sostiene che la tassazione robotica, l’IRAUT, penalizza le aziende, in base a quale razionale afferma ciò?

    Abbiamo appena visto che gli oneri sociali sono deducibili dal reddito di impresa. Tra gli oneri sociali compaiono i contributi previdenziali. Quindi, i contributi previdenziali sono deducibili dal reddito dell’impresa. Allo stesso modo, anche l’IRAUT, che è costituita da contribuiti previdenziali per conto del robot, sarebbero deducibili dal reddito dell’impresa. Quindi, dov’è il problema nel pagare l’IRAUT?

    Il problema nel pagare l’IRAUT è forse nel dover riconoscere una “personalità elettronica” al robot così come per far pagare l’IRPEF occorre riconosce all’umano una “personalità fisica”? Se è questo il problema – e il dibattito su questo tema è ancora in corso – perché non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione a distanza di ben sette anni?

    Se c’è qualcosa che a livello fiscale o contabile mi sfugge, mi farebbe davvero molto piacere riuscire a capire che cosa mi sfugge. Ed è anche per questo che sollecitiamo esperti di Scienza delle Finanze a partecipare al confronto sulla nostra Proposta.

    Ad ogni modo, se l’introduzione dell’IRAUT è davvero un problema, si potrebbe arrivare al compromesso di inglobare l’IRAUT nell’IRES, ovvero destinare ai contributi previdenziali una quota parte (corrispondente all’IRAUT) dell’IRES che peraltro, rappresentando la ricchezza dell’azienda, tenderebbe ad aumentare grazie alla maggiore produttività dei robot.

    Quindi, prelevare l’IRAUT dall’IRES (maggiorato grazie ai robot) equivarrebbe comunque a dire di applicare l’IRAUT ai robot.

  11. Sostengo e condivido in toto la proposta del dr. Perfetto, e auspico che venga quanto prima perorata nelle sedi competenti.
    Al di là di questo, mi sovvengono un paio di domande semiserie: se il robot cameriere ha qualche problema tecnico, che fa? Si mette in malattia?…Se il robot postino cozza, che fa? Va in infortunio?…Se cala il lavoro, il nostro robot che fa? E se rimane disoccupato?

    1. Alexx, non ti preoccupare, perchè non è previsto che si debba dare seguito anche per lui con una pensione quando nel, nel frattempo, noi la avremo persa.

  12. Ribadisco che i primi fatturati italiani sono mafia ed evasione fiscale. Serve fare come hanno fatto gli altri Stati evoluti. Basta governanti che giustificano chi non paga!
    Io lo dico da 30 anni. Mio padre lo diceva già 70 anni fa ed era un dei più affermati commercialisti. La democrazia non ha mai
    raggiunto punte così basse.

  13. “Non si possono più fare ragionamenti riguardanti il mercato del lavoro e il sistema di welfare…” Credo invece sia proprio l’opposto. Ormai ogni giorno si legge del tracollo del sistema pensionistico, delle previsioni nere sui conti. Ormai per una famiglia non è più possibile programmare una vita da anziano perchè il sistema per andare in pensione cambia ogni 11 mesi e 20 giorni !! Forse con un proposta seria e unica nel suo settore, come quella citata, si stabilizerebbero un pò gli animi dei politici, dell’Europa, dei contabili e soprattutto delle famiglie concedendo loro quella serenità che sarebbe più che utile dopo una vita lavorativa. Ci sarebbe più serenità per tutti per affrontare il problema formazione e quindi lavoro specializzato e poi chissà se che con quella serenità non si facciano anche più figli.

  14. C’è una bella differenza tra cameriere robot o postino robot. Al ristoratore e alle aziende postali potrai magari far pagare i contributi pensionistici ma non pagando stipendi un bel risparmio c’è sempre.

  15. Ringrazio tantissimo il Dott. Perfetto e aggiungo: Dott. Perfetto credo che fare proposte e/o argomentare con tale cazzola, sia tempo perso.

    1. Ribadisco che se il Professor Cazzola non si fosse prestato alla lettura, il confronto non sarebbe nemmeno esistito. Quindi da parte mia che mi confronto con moltissime persone e garantisco che non tutte sono così disponibili a leggere domcumenti lunghi ed impegantivi, solo un immenso grazie al Professore per l’umiltà dimostrata nonostante la sua posizione. Non é da tutti interessarsi di una proposta scritta da persone ‘sconosciute’ alla politica.

      1. Gentilissima Erica, premesso che non condivido le idee di cazzola; ma evidentemente non mi sono spiegato bene e mi scuso, volevo solo dire che comunque finchè abbiamo questo governo, a ben poco serve argomentare con cazzola, perchè da parte di Meloni e combriccola, non c’è nessuna intenzione di mantenere le false promesse fatte in campagna elettorale (quota 41 x tutti senza paletti)

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