Intervista esclusiva a Giuliano Cazzola

Riforma pensioni, Cazzola: le 3 garanzie che non devono mancare per i lavoratori

 Navigando su Internet, scorrendo  i social  e osservando i commenti su FB ci si imbatte  nelle ‘’grida di dolore’’ degli assatanati delle pensioni. La loro delusione è evidente. Nella legge di bilancio ci sono sulla materia diverse norme, alcune certamente discutibili, prima ancora sul piano tecnico che su quello politico.

In particolare, non è agevole comprendere se il pacchetto ‘’quota 103 + incentivo’’ sia rivolto ad agevolare o a scoraggiare il pensionamento anticipato. Inoltre, anche il governo della destra ha finito per fare cassa con la manomissione della perequazione automatica che era tornata a regime solo quest’anno dopo che tanti governi avevano attinto risorse fresche e immediate da quell’istituto che dovrebbe tutelare il potere d’acquisto dei trattamenti. Va riconosciuto che le misure di contenimento della rivalutazione sono meno severe di quelle adottare dal governo Monti, le stesse che poi provocarono le lacrime del ministro Fornero in conferenza stampa. Ma è sempre, anche questa volta,  farina del medesimo sacco. 

Il nuovo governo – i partiti che formano la maggioranza sono da sempre avvezzi, come hanno ribadito in campagna elettorale, a fare promesse da ‘’mille e una notte’’- ha compreso che quando si parla di pensioni non si deve solo guardare all’indietro (ovvero a quanto un soggetto ha lavorato) ma anche in avanti (ovvero al tempo in cui quello stesso  percepirà la pensione a carico delle future generazioni); arrivando così alla conclusione che l’età effettiva di pensionamento ( in un’epoca che tiene insieme denatalità, invecchiamento e accelerazione dell’attesa di vita) è una questione dirimente per l’equilibrio (o meglio per il minor squilibrio) di un sistema pensionistico  finanziato a ripartizione.

Riforma pensioni 2023, Cazzola: non é il caso di giocare sull’età pensionabile

Del resto, basterebbe leggere il Rapporto 2022 della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) sulle tendenze della spesa pensionistica per rendersi conto che non è il caso di giocare con l’età pensionabile, come sono soliti fare i sindacati.  Il processo di riforma degli ultimi decenni – secondo la RGS – ha contribuito e contribuisce tuttora in misura significativa a sterilizzare gli effetti attuali e quelli previsti negli anni a venire della transizione demografica sulla spesa pubblica. Tuttavia, le previsioni a legislazione vigente che inglobano gli effetti del D.L. 4/2019 (quota 100 e dintorni)  e le successive misure di transizione, se messe a confronto con le previsioni basate sulla legislazione immediatamente precedente, mettono in evidenza che, per la prima volta dal 2004, esse hanno determinato un aumento della spesa e una retrocessione nel percorso di elevamento dei requisiti di accesso al pensionamento, producendo nel periodo 2019-2034, ulteriori maggiori oneri pari in media a 0,23 punti di PIL l’anno in conseguenza del maggior ricorso al pensionamento anticipato da parte dei soggetti che maturano il requisito congiunto per il collocamento a riposo con almeno 62 anni di età (64 per il 2022) e 38 anni di anzianità contributiva. La maggiore incidenza della spesa in rapporto al PIL ammonta, in media, a 0,5 punti percentuali. Tutto ciò in controtendenza con quanto avvenuto nei decenni precedenti.  

Considerando, infatti, l’insieme degli interventi di riforma approvati a partire dal 2004 (L. 243/2004), il Rapporto evidenzia come, complessivamente, essi abbiano generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL pari a oltre 60 punti percentuali, cumulati al 2060.  

Ma c’è un caveat della RGS:  non si deve mettere in discussione ulteriormente  la sostenibilità del sistema pensionistico italiano per quanto riguarda le principali garanzie acquisite nel tempo: 1) il calcolo attuariale della pensione in ragione del livello di contribuzione e del periodo medio di pagamento delle prestazioni; 2) i necessari incrementi automatici e periodici dei requisiti di accesso al pensionamento e 3) l’adeguamento automatico dei parametri di calcolo della pensione e dei requisiti di pensionamento rispetto all’evoluzione della sopravvivenza media.

Tale quadro regolamentare consente, fra l’altro, di garantire livelli di prestazione strutturalmente adeguati. Il governo è avvertito per quanto riguarda la riforma strutturale che dovrebbe entrare in vigore nel 2024.

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7 commenti su “Riforma pensioni, Cazzola: le 3 garanzie che non devono mancare per i lavoratori

  1. Buonasera,una domanda al professore Cazzola: quando lui faceva prima il sindacalista e poi il parlamentare e si davano baby-pensioni a destra e a manca non si sapeva che il sistema previdenziale italiano funziona a ripartizione? Perché credo che i suoi ragionamenti se vanno bene ora a maggior ragione dovevano essere fatti 30 anni fa’.

    1. 30 anni fa i surfisti del potere avevano altri input. Chi aveva autonomia di giudizio finiva ignorato in alcuni casi anche sul piano professionale e partecipativo. Poi è un po’ tutto il sistema sociale che funziona in un certo senso a ripartizione e per fortuna, chiaro che a ripartizione deve contrastare con parassitismo e lobbysmo altrimenti abbiamo i parametri italiani. Dove sono realmente intelligenti fanno da anni politiche di valorizzazione delle competenze reali, di incentivo alla natalità e relativo seguito, di ammortizzazione sociale che non serve per scaricare costi sullo stato ma per ridurre con interventi il più possibile minimalisti ma efficaci gli effetti negativi delle discontinuità economiche. Questo vuol dire pensare ai cittadini giovani, adulti e vecchi. I pil pro-capite, i deficit/pil, i livelli di attrazione per competenze elevate, i tassi di natalità, ecc. che si vedono in Europa e da noi parlano chiaro.

  2. molto interessante questo articolo; dott. cazzola il punto è un’altro: dopo quota 100 si sono chiuse le porte, tutti provvedimenti per far andare in pensione 4 gatti; gli uomini e le donne sono sempre fatti di carne e ossa; non è che adesso sono diventati bionici per cui facciamoli lavorare all’infinito, spesa pubblica: certo ma tutti devono fare la propria parte; vedremo la perla del 2024; togliere la parte retributiva a chi è nel misto; già la pensione così fa pietà, figuriamoci dopo; cosa fare? ……………………… pensare alla salute, cercare di campare 100 anni ; saluti a lei prof. Cazzola e ai gestori del sito

  3. Dunque l’esimio cazzola vuole che anche noi crediamo alla favola della durata della vita media in costante crescita e alla potenza della moderna farmacologia (vedasi i mirabolanti vaccini di ultima generazione) in grado di mantenere in perfetta efficienza lavorativa soggetti prossimi ai settant’anni, direbbe Totò: ma mi faccia il piacere! Il patto tra cittadino e Stato fondato sul rispetto delle regole e delle leggi è venuto meno da tempo e non certo per colpa dei cittadini che sottostanno alle leggi e qualora le violino ne subiscono le conseguenze, quanto, piuttosto ed esclusivamente, ad opera di una classe politica e di governo inetta, insipiente, finanche corrotta, il cui scopo preminente, se non unico, è perpetuare i propri privilegi, accrescendoli nel tempo: se questa è la democrazia, grazie ne faccio volentieri a meno, meglio un tiranno illuminato, almeno giochiamo a carte scoperte e la smettete di prenderci in giro! La misura è colma!

  4. Gent.mo Sig. Cazzola, il suo articolo è certamente dettagliato e interessante. Tuttavia ritengo che il concetto di tenere generazioni di vecchi a lavorare per garantire quelle future manca di visione. Credo che vanno creati i presupposti perché i nostri giovani possano inserirsi nel mondo del lavoro senza dover scappare all’estero depauperando lo scenario futuro. La verita’ è che questo gioco delle pensioni sempre meno accessibili fa comodo ai tromboni che continuano a vivacchiare allegramente con impieghi e poltrone comode fino a 70 e passa anni. Devono invece continuare a sgobbare i veri lavoratori obbligati a difendere il loro posto di lavoro fino alla pensione con le unghie e con gli infarti, bloccando così le nuove generazioni. I numeri dicono tanto ma le analisi non si fermano ai numeri né alle aspettative di vita studiate a tavolino ( le vittime del covid rientrano nel computo?). Questo governo comunque è sorprendentemente lontano dalle esigenze dei lavoratori in materia di pensione.

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