Nella prossima legge di bilancio, il Governo Meloni ha deciso di ridurre la rivalutazione delle pensioni per gli assegni sopra i 2500 euro lordi, una misura che porterà una notevole perdita nei prossimi anni per tutti i pensionati che negli ultimi anni hanno versato molti contributi e che continueranno a pagare.
Pensioni 2023, rivalutazione troppo avara per chi ha sempre pagato
Alberto Brambilla, economista e Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali in un suo recente articolo ha criticato duramente questa decisione del Governo Meloni, spiegando come la rivalutazione delle pensioni prevista nella legge di bilancio “punisce i pensionati sopra i 2.500 euro lordi per una perdita che, in 10 anni, va dai 13 mila euro agli oltre 115 mila per chi percepisce un assegno di 10 mila euro, meno di 6 mila netti. Una misura che colpisce soprattutto gli ex lavoratori che, nella loro carriera, hanno pagato di più in tasse e contributi. E poiché una parte consistente di coloro che sono andati in pensione negli ultimi 4/5 anni ha una quota di pensione calcolata con il metodo contributivo, introdotto dalla riforma Dini che prevede la rivalutazione piena degli assegni pensionistici, si potrebbero verificare anche dei profili di incostituzionalità”.
Brambilla spiega che “Il governo Draghi aveva reintrodotto la rivalutazione prevista dalla normativa del 1996, prevedendo che dal primo di gennaio 2023 l’adeguamento delle rendite all’inflazione fosse al 100% per i 12.673.000 pensionati fino a 4 volte il minimo (il 79% del totale), al 90% per gli 1,6 milioni con trattamenti da 4 a 5 volte il minimo e al 75% per gli altri 1,8 milioni con assegni sopra i 2.621 euro (5 volte il minimo). Questi ultimi avendo una rivalutazione al 75%, perdono 1,5 miliardi nel primo anno che diventano quasi 20 in 10 anni.
Rivalutazione pensioni 2023: le tabelle e gli importi degli aumenti
Brambilla dice ancora “Pensavamo che il governo Meloni alla luce degli ultimi dati fiscali, assegnasse valore a quel 1,8 milioni di pensionati che i contributi e le tasse le hanno sempre pagate e hanno, in un certo senso, «mantenuto» il Paese. Invece, proseguendo nella tradizione, la legge di bilancio per il biennio 2023-2024 rivaluta le pensioni e gli assegni sociali e le pensioni al minimo addirittura del 120% dell’inflazione prevista (7,3%); rivaluta al 100% le pensioni fino a 4 volte il minimo e poi peggiora tutte quelle oltre 4 volte il minimo”. per fare chiarezza, come riporta il centro studi itinerari previdenziali, partendo dal minimo pari per il 2022 a 525,38 euro, le rivalutazioni saranno:
- a) del 100% per pensioni/assegni sociali e pensioni minime che saranno incrementate addirittura dell’1,5% oltre il 7,3% di inflazione stabilito provvisoriamente per il 2022 dal ministero dell’economia per il 2023 e del +2,7% per il 2024;
- b) al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo (2.626,9 euro);
- c) all’80% per quelle tra 4 e 5 volte il minimo;
- d) al 55% per gli assegni da 2.626,9 a 3.152 euro;
- e) al 50% tra quest’ultimo importo e 4.203 euro;
- f) al 40% da 4.203 a 5.253,8 euro g) al 35% per importi superiori.
Il grave, e qui sta il problema maggiore, è che la perequazione avverrà per fasce e non per scaglioni: vale a dire ad esempio che un pensionato con una rendita tra 3.152 euro e 4.203 euro si vedrà rivalutata l’intera pensione solo al 3,65% anziché al 7,3%. Con i tassi di inflazione previsti è quasi certo che nel 2024 si dovrà aumentare l’attuale 7,3% di almeno il 2% creando un ulteriore crescente squilibrio nel sistema che, così impostato, premia chi ha lavorato poco e versato contributi esigui e quindi anche zero o poche imposte e che è stato a carico della collettività per tutta la vita e lo è ancora in pensione.
Aumento Pensioni 2023 e rivalutazione: l’attacco di Brambilla
Per concludere Brambilla critica la misura portando, numeri alla mano, una spiegazione esaustiva: “La super valutazione delle pensioni minime, riguarda 6 milioni di beneficiari tra cui gli sfortunati (molto pochi), gli evasori (molti), mentre vengono ancora penalizzati, modificando l’ottima e equa legge Draghi, gli 1,5 milioni di pensionati tra i 2.600 euro lordi e i 5.200 euro (da 5 volte il minimo fino a 10) e i 230.000 che prendono da 5.200 euro lordi al mese (da 10 volte il minimo in su) e che già pagano una montagna di tasse che i 6 milioni di beneficiari di pensioni fino a 2 volte il minimo non pagano affatto e i 6,6 milioni tra 2 e 4 volte il minimo pagano in misura ridotta.
Giusto per dare un’idea numerica della enorme svalutazione delle pensioni nel decennio dal 2024 al 2033, ipotizzando un’inflazione molto prudenziale del 2% annua, le rendite di 2.626,90 euro ne perderanno più di 11 mila, quelle da 5.253 euro lordi oltre 69 mila che diventano quasi 92 mila per pensioni intorno ai 7.600 euro e oltre 115 mila per quelle da 10 mila in su e che si sommano al 14% degli anni precedenti. Insomma, nei prossimi 10 anni questi pensionati meritevoli oltre a sobbarcarsi il grosso dei 56 miliardi di Irpef sulle pensioni si vedranno levare altri 45 miliardi circa, alla faccia del merito e del senso del dovere“. Voi cosa ne pensate? Fatecelo sapere nei commenti qui di seguito!
Da un governo di destra era logico aspettarsi tagli a chi ha versato per una vita ….ma ci stupiamo ?
Aumento del contante e per fortuna la mancata abolizione del pos sotto i 60 euri…. Se poi sommiamo alcune sigle sindacali da che parte stanno direi che hai voglia a riempire le piazze.
Buon anno Italia operaia !!!!
Non c’è un minimo di giustizia da questo governo sta massacrando persone che hanno versato contributi per una vita e dando soldi a chi non a versato niente questa destra e peggio della sinistra qui bisogna scendere a Roma e farsi rispettare
Mah! penso che è sbagliato fare questi distingui tra pensionati, la perequazione spettava a tutti nella giusta percentuale di inflazione ma la stessa veemenza di questi personaggi non l’ho vista per quota 41 per tutti.. Anzi!
Appena li tocchi sui loro soldi apriti cielo. Ipocriti!
Purtroppo l’attuale governo si accanisce su quelli che hanno lavorato duramente per una vita in modo onesto premiando i forti e i farabutti (evasori, grandi aziende con sedi fiscali nei paradisi, delinquenti ecc). A noi lavoratori onesti resta il rimpianto di non essere emigrati all’estero quando eravamo giovani! Purtroppo non abbiamo più alcun riferimento politico e sindacale. Prepariamoci al peggio con la riforma della Legge Fornero che ancora una volta funzionerà da bancomat per foraggiare cricche, amici degli amici e comitati di affari. Ci aspetta un ben triste Nuovo Anno!
siamo vittime di ingiustizie; della rivalutazione delle pensioni? beato chi ha la pensione e non si deve mangiare quella integrativa; in tempi di vacche magre, dott. Brambilla, che cosa vogliamo fare? penalizzare chi ha poco? perchè parliamo di gente da 5 volte a 10 volte la minima; l’operaio non ci arriva; e nemmeno un professore a fine carriera; quindi? ce ne dobbiamo fare tutti una ragione; in particolare noi, i fregati del 1960, che puntualmente, dal 2021, ci vediamo sempre allontanare il traguardo della pensione (non tutti ma molti); comunque un saluto al Dott. Brambilla anche se in tema di pensioni abbiamo opinioni m olto diverse; un saluto ai gestori del sito
Dunque siamo passati da un sistema contributivo con il quale si percepiva circa l’ottanta per cento dello stipendio, a quello retributivo con il quale si arriva al sessanta. Ora i grandi economisti puniscono con altre decurtazioni il ceto medio, o meglio quello che rimane di questa fascia, dove vogliono arrivare? Chiunque vada a governare continua a privilegiare i ricchi (ovviamente lor signori ne fanno parte) e danneggiare economicamente una categoria che fatica ad arrivare a fine mese, ora mi ripeto come popolo che definirlo gregge è persino diventato un’eufemismo in quanto silente e panchinaro tutto sommato mi fa diventare cinico e sorridente, in quanto vorrei capire quante “bastonate” dobbiamo ancora subire prima di scendere TUTTI in piazza come il popolo francese per combattere certi soprusi da queste facce di latta. Purtroppo i social hanno azzerato quel poco che rimaneva dell’animus pugnandi e con gli sfoghi da tastiera non si va da nessuna parte e il livello culturale( dispiace dirlo) anche tra la popolazione è diventato deficitario e queste ne sono le conseguenze ovvero chi governa fa e disfa in quanto non esiste una vera contrapposizione che possa ridurre questi scempi. Ma è così difficile da capire che le trasmissioni politiche che gli italiani seguono con passione sono tutte pilotate dove certe domande scomode non vengono poste o qualora fosse sono by passate da altri argomenti più facili da sostenere? Eppure bisogna arrendersi, vai a spiegare ad una popolazione ebetita dai telefonini che sarebbe l’ora di usare qualche neurone per farsi sentire, come rimpiango una generazione che piano piano ci sta lasciando per età anagrafica. Rinnovo gli auguri di un sereno Natale ai gestori del sito che svolgono a prescindere dalle circostanze un lavoro difficile(parlare di conti ed economia non è mai facile) con i quali ci teniamo compagnia questo purtroppo è quello che ci rimane.
Concordo, per il sistema pensionistico e non solo, il problema non sono gli sfortunati (pochissimi sfruttati come pietosi cavalli di Troia), ma gli evasori ed elusori (molti) e lo Stato e l’Europa ( due istituzioni di cui sono un fortissimo sostenitore ma agite in modo appropriato). Per lo Stato, questo conosce benissimo come recuperare la maggior parte di evasione ma omette gli atti dovuti in tal senso e penalizza chi vi riesce con gravissimo danno all’erario. Per l’Europa, questa giustamente si preoccupa del debito dei suoi componenti e dell’orientamento anche produttivo della spesa ma scrive, sentenzia e condiziona i trasferimenti alla minore spesa pensionistica, briciole rispetto all’ottenibile con l’implementazione di sistemi antievasione efficaci, a livelli remunerativi più congrui a livelli riscontrabili in paesi neanche G qualcosa o poca cosa. Possiamo premere perchè in sede di rivalutazione, in sede di calcolo, in sede di valutazione di età pensionabile lo stato sia più congruo rispetto al valore socio/economico della prolungata prestazione lavorativa, ma tutto ciò che otteniamo lo otteniamo a carico di una precarietà finanziaria generale che non ha ragione di esistere in Italia se la gestione generale è corretta, precarietà che, non esistendo, darebbe luogo all’inevitabile accoglimento di tutte le istanze LEGITTIME sul piatto.