Le elezioni politiche del 25 settembre 2022 hanno evidenziato in modo netto la vittoria del centrodestra, trainato dalla performance di Fratelli d’Italia che ha raccolto oltre il 26% dei consensi. Ma da dove arrivano tutti questi voti ad un partito che alle Europee del 2019 aveva raccolto il 6%? Vediamo i flussi di voti e l’analisi dei risultati di queste elezioni grazie ai dati raccolti dalla casa di Sondaggi Tecnè
Sondaggi Tecnè: analisi del voto delle elezioni politiche 2022: i flussi elettorali
Analizzando i Flussi elettorali si può capire che il bacino di elettori che hanno votato centrodestra sono più o meno gli stessi del 2019 (e del 2018), con l’unica differenza che molti voti si sono spostati dalla Lega e da Forza Italia al partito di Giorgia Meloni. Stando all’analisi di Tecnè, il 37% degli elettori che avevano votato Lega nel 2019, hanno votato Fratelli d’Italia nel 2022, così come il 16% di quelli che avevano votato FI sono passati a FDI.
La Meloni ha però preso voti anche da altri partiti, ad esempio un 11% degli elettori del Movimento 5 stelle. Importante anche il flusso di voti del 10% di chi aveva votato PD ed è passato ad Azione/Italia Viva, ed il 6% di chi è passato dal partito di Letta addirittura al Centrodestra. Qui di seguito ecco le tabelle integrali con tutti i flussi.
Elezioni politiche 2022 risultati del voto: l’astensione vince ancora
Quello che è certo, è che la politica interessa sempre meno persone in Italia. Alle elezioni del 25 settembre 2022 ha votato il 63,9 degli aventi diritto, con un calo di 9 punti percentuale rispetto alla precedente tornata elettorale del 2018 quando si era recato alle urne il 73,9% degli elettori per la Camera. Cala l’affluenza dunque rispetto a quattro anni fa e crolla al Sud.
Nel Mezzogiorno sale l’astensionismo e in nessuna regione il dato supera o eguaglia quello delle precedenti elezioni politiche: a livello nazionale il gap è di oltre 7 punti percentuali, ma in alcuni casi, come in Campania, raggiunge -15 punti. Rispetto al 2018 le regioni che registrano il minor calo dell’affluenza sono Lazio, Lombardia, Sicilia, considerando che qui si svolgono anche le elezioni regionali), Toscana e Friuli-Venezia Giulia. L’Emilia Romagna è invece la regione dove in percentuale si è votato di più.
I cali più importanti dell’affluenza rispetto a quattro anni fa si registrano invece in Campania, Calabria, Molise, Basilicata e Sardegna. Alle precedenti politiche invece era stato proprio il Sud a trainare i dati di affluenza rispetto al passato, un elemento che – visti poi i risultati elettorali – aveva portato alte percentuali di voto per il Movimento 5 stelle, primo partito alle elezioni 2018.
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Come ben evidenziato nell’artocolo la poltrona l’hanno presa ma poi vediamo come la usano perchè molta gente cambia facilmente e velocemente idea ed è arcistufa dei soliti modi.
Premetto che non sono un politologo, e quindi non mi spingo ad individuare le ragioni politiche che hanno portato il Centrodestra alla vittoria (oppure, per simmetria, il Centrosinistra alla sconfitta).
A mio parere, che ci sia un Governo di Centrodestra o un Governo di Centrosinistra non cambia proprio nulla nella gestione della Politica Economica e Sociale dell’Italia: entrambi i Governi devono rispondere all’Unione Europea, in quanto è l’UE a indirizzare la Politica Economica dei Paesi europei (e quindi anche dell’Italia).
Prima conclusione: la vittoria del Centrodestra sul Centrosinistra è una differenza che non fa alcuna differenza.
Qualcosa potrebbe cambiare se Centrodestra e Centrosinistra riuscissero a formare una Coalizione di Governo di Unità Nazionale, come lo era il Governo Draghi. Ma anche il Governo Draghi doveva rispondere agli indirizzi di Politica Economica indicati dalla UE.
Seconda conclusione: un Governo di Unità Nazionale è una condizione necessaria ma non sufficiente per gestire una Politica Economica Nazionale, che sia al tempo stesso compatibile con gli indirizzi di Politica Economica Sovranazionale indicati dall’Unione Europea.
La condizione sufficiente è rappresentata dall’adozione di misure prettamente nazionali:
– Costituzione del Gruppo I.R.I. (Istituto per la Ricostruzione dell’Italia ─ soprattutto al fine di gestire la transizione digitale) con partecipazione di imprese pubbliche e private;
– Nazionalizzazione di aziende operanti in settori strategici come Energia, Telecomunicazioni e Trasporti da inserire nel Gruppo I.R.I.;
– Moneta digitale di Stato circolante solo in Italia, gestita da una banca governativa (es. Cassa Depositi e Prestiti) e parallelamente all’euro (gestito dalla BCE).
“Ma è un ritorno al passato!” qualcuno dirà. No. È piuttosto un invito ad un Governo di Unità Nazionale di puntare meno sugli aiuti della Unione Europea e della Banca Centrale Europea, meno sui prestiti di investitori internazionali, e più invece sulla produzione nazionale e sui prestiti dei risparmiatori italiani.
I primi risultati si potrebbero ottenere in un tempo ragionevolmente breve: maggiore controllo sui prezzi dell’energia, e maggiore controllo sull’erogazione del Reddito di Cittadinanza e su altri aiuti dello Stato a imprese e famiglie (aiuti che verrebbero erogati parte in euro e parte in moneta digitale di Stato).
In assenza di un Governo di Unità Nazionale, che cosa ci si dovrebbe invece attendere? Esattamente nulla.
O meglio, tutto cambierà (ministri es sottosegretari) senza che nulla cambi (Politica Economica e Sociale).
E per le pensioni? C’è qualche possibilità che si realizzino le aspettative dei lavoratori? Sì, c’è qualche possibilità: dipenderà da quando e come il nuovo Governo riuscirà ad elaborare una buona Riforma del Lavoro.
“L’astensione vince ancora. Quello che è certo, è che la politica interessa sempre meno persone in Italia”. Un piccolo esempio del “perchè”, ce lo hanno offerto le cronache dell’immediato dopo voto, cioè non più tardi di ieri.
Da quello che si è potuto leggere, la roboante promessa fatta da uno dei leader della coalizione vincente “di innalzare a mille euro le pensioni al di sotto di tale cifra”, è già stata dichiarata irrealizzabile, e pertanto morta e sepolta, da altri primari esponenti della stessa coalizione. Ergo, non si farà!! Promessa vana!!
E chi ci ha creduto ed è rimasto fregato?…Si sarà sentito gabbato?…Campa cavallo…
Questa schifosa legge elettorale di nome Rosatellum, dal nome di chi l’ha creata tal Rosato, che non per niente è di IV il partito di Renzi, porta la gente a dover votare sconosciuti che nemmeno hanno mai messo piede in quel territorio e che spesso non sanno nemmeno in che regione si trovano. E così possibile che uno che è di Domodossola sia eletto a Ragusa. Se Rosato non si vergogna, lo faccio io per lui che almeno un po di dignità ancora la posseggo.